Quarta meditazione (del vero e del falso).
Il senso di questa meditazione è quello di rispondere alla domanda che il meditante si pone e che sorge spontanea una volta che si è asserito positivamente che Dio esiste e che è verace e non ci inganna.
Se Dio non ci inganna perché ogni tanto ci inganniamo?
Il modo in cui Cartesio affronta questo tema è molto particolare in quanto si riappropria di alcune tipiche dottrine scolastiche e ne presenta delle nuove.
Cartesio si riappropria di quello che gli scolastici avevano già sostenuto da secoli per rispondere a una domanda simile posta non tanto sul piano conoscitivo quanto su quello morale (l'uomo ogni tanto pecca e questo com'è compatibile con l'esistenza di un dio buono?). Il problema del peccato diventa in Cartesio il problema dell'errore conoscitivo.
In altri termini, la quarta meditazione, si pone un problema di teodicea (termine coniato da Leibniz nel 1710 con la sua opera intitolata "Saggi di teodicea") cioè di giustificazione di Dio di fronte a qualcosa che sembra ledere i suoi attributi.
Come avevano risposto i teologi a questa questione?
Agostino si trovava a lottare entro due estremismi che voleva sconfiggere:
1) il manicheismo cioè l'idea che dato che Dio è buono, il male che è presente nel mondo non può dipendere da lui ma deve esserci un principio del male nel mondo così come c'è un principio del bene. Da qui la famosa mescolanza di bene e di male.
2) il pelagianesimo, risponde alla domanda: Se Dio è buono perché c'è il male? sostanzialmente dando la colpa all'uomo il quale è libero quindi interamente indipendente da Dio e può seguire il bene e guadagnarsi la beatitudine eterna e la grazia di Dio oppure peccare e venire punito.
Agostino si colloca in mezzo a queste due posizioni in quanto vuole tutelare l'onnipotenza di Dio, cioè l'idea che a Dio nulla sfugge e che tutto dipende da lui; e che non può esserci un altro principio oltre a Dio.
La risposta di Agostino era giocata su due dottrine che saranno riprese anche da Cartesio:
1) sostenere che il male ovvero il peccato non ha una realtà positiva perché ovviamente se il male avesse una realtà positiva, Dio ne sarebbe l'autore essendo onnipotente. Il male non è una realtà ma un difetto di realtà, è una mancanza di realtà e quindi non dipende da Dio.Cartesio nella quarta meditazione riprende esattamente questa posizione.
2)il male non è negazione ma privazione di realtà. Tutti gli esseri finiti, imperfetti mancano di qualcosa(es. non sanno volare); privazione è la mancanza di una perfezione che si dovrebbe avere data l'essenza.
Cartesio fa un'affermazione impegnativa: è Dio che mi ha creato con questa facoltà sottoposta all'errore. Il male è concepito come funzionale al bene.
La vera risposta di Cartesio alla domanda "Perché se Dio è verace, ci inganniamo? consiste in una nuova dottrina dell'intelletto e della volontà umana.
Per gli scolastici l'intelletto è la nostra facoltà conoscitiva e da questo dipende l'organizzazione delle nostre conoscenze.
La volontà ha nella scolastica una funzione puramente morale cioè riguarda le mie azioni in quanto rivolte o al bene o al male. Cartesio rifiuta questa concezione e a partire dalle Meditazioni sostiene che i giudizi conoscitivi (il giudizio è una proposizione in cui si attribuisce un certo predicato a un certo soggetto) non sono opera dell'intelletto ma della volontà. Il giudizio implica una scelta! La conoscenza per Cartesio è qualcosa di volontario, di attivo, libero. L'intelletto è passivo, secondo Cartesio.
Noi possediamo due facoltà:
1) intelletto (capacità di avere dei contenuti conoscitivi da qualunque parte vengano) è finito in quanto ci sono limiti naturali.
2) volontà la quale è senza limiti, infinita perché non è capacità di avere o non avere una certa idea ma è la facoltà di dire si o no.
I problemi per l'uomo nascono dalla sproporzione di queste due facoltà!
Il tema della libertà sarà la soluzione della quarta meditazione. L'errore dipende dalla libertà dell'uomo, siamo noi che utilizziamo male le facoltà in sé ottime che Dio ci ha dato, ma saremmo liberi di fare diversamente. Qui Cartesio per la prima volta, tocca nella sua opera il tema del libero arbitrio.
Questo tema era uno dei punti di massima discussione tra cattolici e protestanti in quanto si ritornava al problema posto da Agostino e Pelagio. I due partiti in lizza in ambito cattolico erano i giansenisti e gesuiti.
I gesuiti erano un po vicino a Pelagio, attenti all'atto umanistico mondano dell'esperienza religiosa e sostenevano che l'uomo è indifferente nelle sue scelte nel senso che può scegliere questo o quello, non è determinato da una sola scelta tra quelle che gli si presentano.
Per i giansenisti (rigorosi, seri, quasi calvinisti come atteggiamento mentale) valeva una rigorosa predestinazione, l'uomo non è libero ma è uno strumento di Dio e questo predestina la dannazione ad alcuni uomini e ne salva una piccola parte di eletti; perché Dio ha voluto così per motivi del tutto imperscrutabili.
Cartesio utilizza entrambe le definizioni di libertà che andavano di moda al suo tempo. Per i giansenisti la libertà era concepita come l'adesione spontanea al bene; per i gesuiti la libertà era indifferenza cioè capacità di scelta, sono libero di scegliere.
Cartesio colloca queste due dottrine della libertà in due contesti conoscitivi diversi (quella dei giansenisti viene collocata di fronte a un contesto di evidenza razionale e lo dice esplicitamente: l'evidenza è come la grazia di Dio). Di fronte all'evidenza la volontà non è indifferente, aderisce spontaneamente al vero. Di fronte a conoscenze oscure (tutto ciò che deriva dai sensi) la libertà è capacità di dire si o no. Questa è la ripresa dell'indifferenza gesuitica.
L'errore dipende da una mia scelta e quindi dalla mia volontà; io ne sono responsabile.
In conclusione, si può asserire che nella quarta meditazione si dimostra aposteriori che la veracità di Dio è compatibile con il fatto che ogni tanto gli uomini errano.
La risposta di Cartesio è che gli uomini errano per colpa loro e usano male le facoltà in sé ottime che hanno ricevuto da Dio.
Per i giansenisti (rigorosi, seri, quasi calvinisti come atteggiamento mentale) valeva una rigorosa predestinazione, l'uomo non è libero ma è uno strumento di Dio e questo predestina la dannazione ad alcuni uomini e ne salva una piccola parte di eletti; perché Dio ha voluto così per motivi del tutto imperscrutabili.
Cartesio utilizza entrambe le definizioni di libertà che andavano di moda al suo tempo. Per i giansenisti la libertà era concepita come l'adesione spontanea al bene; per i gesuiti la libertà era indifferenza cioè capacità di scelta, sono libero di scegliere.
Cartesio colloca queste due dottrine della libertà in due contesti conoscitivi diversi (quella dei giansenisti viene collocata di fronte a un contesto di evidenza razionale e lo dice esplicitamente: l'evidenza è come la grazia di Dio). Di fronte all'evidenza la volontà non è indifferente, aderisce spontaneamente al vero. Di fronte a conoscenze oscure (tutto ciò che deriva dai sensi) la libertà è capacità di dire si o no. Questa è la ripresa dell'indifferenza gesuitica.
L'errore dipende da una mia scelta e quindi dalla mia volontà; io ne sono responsabile.
In conclusione, si può asserire che nella quarta meditazione si dimostra aposteriori che la veracità di Dio è compatibile con il fatto che ogni tanto gli uomini errano.
La risposta di Cartesio è che gli uomini errano per colpa loro e usano male le facoltà in sé ottime che hanno ricevuto da Dio.
6 commenti:
complimenti x il sito!
complimenti x il sito!
L'uomo sbaglia per libero arbitrio... si... è una concezione condivisibile... se Dio è buono, il male arriva dall'uomo...
Questa concezione mi ricorda molto un aneddoto che viene attribuito ad Einstein (anche se probabilmente non era lui il prtagonista), in cui un professore lancia una sfida ai suoi alunni chiedendo "Se Dio ha creato tutto, ha creato anche il male, perchè?". La risposta di un alunno, che qualcuno (forse solo per dare più sapore alla vicenda) dice fosse Einstein, fu pressappoco questa (riassumendo molto):
- come il freddo è mancanza di calore e il buio è mancanza di luce, così il male non è una creazione di Dio ma solamente mancanza di bene.
il significato mi sembra lo stesso di quanto ho letto qui sopra, no?
...e devo dire che mi trovo abbastanza d'accordo con questa posizione...
Questo sito è veramente fantastico.
Mi fa ricordare che quello che faccio discende da ciò.
Lorenzo
Ci sono dei personaggi che incontro ogni giorno nel mio lavoro. Newton, Cartesio.......... Noto con piacere che la matematica è un bellissimo ramo della filosofia.
Lorenzo
In questo momento, bisogna avere la purezza di pensiero dei pitagorici, per saper apprezzare le piccole..........
Lorenzo
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