" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

La filosofia giudaica: la Cabala

giovedì 21 aprile 2011

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Come la filosofia araba, con la quale ha molti caratteri in comune, la filosofia giudaica comincia a costituire, a partire dal secolo XIII, una delle componenti fondamentali della scolastica latina. Come la filosofia araba e la filosofia cristiana del Medio Evo, la filosofia giudaica è una scolastica che ha in comune con le prime due i problemi fondamentali (i rapporti tra fede e ragione, tra Dio e il mondo, tra l'intelletto e l'anima) e si avvale per risolverli degli stessi dati o di dati analoghi: la filosofia greca e la tradizione religiosa giudaica.
Più vicino a questa tradizione e in polemica con i tentativi più schiettamente filosofici di trovare una giustificazione razionale delle credenze religiose, fu il misticismo che assunse prevalentemente la forma della Cabala.









La Cabala (=tradizione) è una dottrina segreta che si assume sia stata trasmessa dapprima oralmente, poi raccolta in un certo numero di trattati di cui due ci sono giunti interi o quasi: il Libro della Creazione (Jezirah) e il Libro dello Splendore (Zohar). Si tratta di scritti compositi nei quali confluiscono elementi eterogenei. Per quanto alcuni di questi elementi siano probabilmente assai antichi, il secondo di questi scritti, il Zohar, nella forma in cui c'è pervenuto, appartiene, quasi certamente, alla seconda metà del secolo XIII.
Così come sono, questi scritti espongono una dottrina emanatistica sostanzialmente simile a quella dei Neopitagorici e dei Neoplatonici dei primi secoli.
Essi insegnano che Dio è infinito o illimitato (En Sof), cioè inaccessibile a ogni determinazione o conoscenza. Come tale è la negazione di ogni cosa determinata, quindi il non-essere di ogni cosa o il Nulla.
In tal senso il mondo, creato da Dio, è sorto dal Nulla.









La creazione del mondo avviene attraverso sostanze intermedie dette Numeri (Sephiroth) che sono nello stesso tempo gli attributi fondamentali di Dio e le forze attraverso le quali si realizza la creazione divina.
La mediazione dei Sephiroth serve a garantire a Dio l'assoluta unità pur mentre l'azione emanante si espande nel molteplice delle cose, e in questo senso essi sono paragonati ai primi e più diretti raggi dello Splendore divino.
I Sephiroth sono dieci e precisamente: La Corona, la Saggezza, l'Intelligenza, la Grazia, la Giustizia, la Bellezza, il Trionfo, la Gloria, il Fondamento, la Regalità.








L'azione di queste sostanze produce tutte le realtà del mondo visibile: le prime tre di esse costituiscono il mondo intelligibile, secondo lo schema della trinità neoplatonica. Il mondo visibile e quello intelligibile sono legati insieme dall'amore e tendono ad avvicinarsi ed unirsi. L'impulso deve venire dal mondo inferiore che deve tendere al superiore; in risposta a quest'impulso, lo stesso mondo superiore desidera e ama quello inferiore. Dio non ama se non quelli che lo amano.
L'anima umana riproduce la tre prime sostanze emanate: essa è in primo luogo spirito vitale, poi spirito intellettuale, infine anima vera e propria che domina sulle due precedenti ed è l'organo della santità e delle virtù superiori.
La Cabala non ha intenti filosofici e all'espressione concettuale preferisce quella immaginativa o allegorica. L'atteggiamento che essa vuole suscitare è quello del misticismo, l'impianto dottrinale che vuol difendere è quello dell'ortodossia giudaica tradizionale. Per quanto abbia desunto i suoi concetti dall'ellenismo o dall'opera stessa dei filosofi giudaici del Medio Evo, i difensori o espositori che essa trovò nei secoli XIII e XIV intendono farne una alternativa all'opera dei filosofi e polemizzano contro di essi. Tuttavia nel Rinascimento gli stessi filosofi dovevano trarre dalla Cabala alcune delle loro ispirazioni e la difesero spesso come uno strumento per l'interpretazione dei libri sacri.


Fonte: La storia della filosofia di Abbagnano

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