" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Piergiorgio Odifreddi: Il Vangelo secondo la Scienza. Le religioni alla prova del nove

giovedì 15 settembre 2011

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Odifreddi è un impenitente impertinente. Quando undici anni fa uscì Il Vangelo secondo la Scienza, adesso riedito senza variazioni, le opposizioni della Chiesa furono tali da valere un anatema. Ma anziché pentirsi, il logico matematico torinese ha nel frattempo rinfocolato la sua avversione contro la dogmatica cattolica pronunciando nel 2007 la serrata requisitoria Perché non possiamo essere cristiani. Che, pur riprendendo temi ed elementi d’accusa già agitati nel Vangelo secondo la Scienza, integra però una differenza: mentre nel 1997 Odifreddi estendeva la sua speculazione a tutte le religioni in ciò che implicassero la scienza, nell’ultimo pamphlet la sua polemica si è invece concentrata sul solo cattolicesimo. Ma intatta è rimasta la morale agonale di un intellettuale laico tentato dal nichilismo e dall’ateismo.
Nella prefazione aggiunta a questa nuova edizione, l’autore rivela che fu Giulio Einaudi a scegliere il titolo, giacché lui avrebbe preferito un calembour del tipo “Dalla Galilea e Galileo”: a indicare un percorso storico che porta l’umanità dalla fede alla ragione. Senonché il libro sembra invertire la freccia del tempo e definire una regressione che riporta oggi la scienza nei recessi della credenza, assecondando uno spirito di teologia analitica (opposta a quella empirica, che si fonda sull’assioma della scolastica «capisco per credere») sostenuto dall’imperativo «credo per capire», introdotto da Anselmo e rilanciato da Bruno e Lutero. Spirito che ha rappresentato per Odifreddi la fine della fortuna della logica nella teologia e il ritorno alle aporie tertulliane del credo come rivelazione: «credo perché è assurdo». Il risultato di questo atteggiamento è stato l’impossibilità di coniugare ancora oggi le ragioni della fede con quelle della ricerca scientifica, come dire assolutismo ratzingeriano e relativismo razionale.
Ma il titolo einaudiano, precisa adesso Odifreddi, non indica - diversamente da quanto potrebbe sembrare - una lettura dei testi sacri alla luce delle acquisizioni scientifiche, ma ciò che il Nuovo Testamento appare sul banco della scienza: non è in sostanza la scienza ancella della fede, che resterebbe quindi immutabile, ma è la fede a dover dare conto alla tecnica delle proprie «trasformazioni».
 In realtà, accogliendo la frase solo come sottotitolo, Odifreddi intendeva però «vangelo» come «buona novella», in chiave quindi ebefrenica, e non altro intendeva che determinare le conquiste della scienza. Insomma un giro di equivoci, che a ben vedere costituiscono la massa critica del libro e definiscono peraltro i termini di un dibattito sempre refrattario a una serena composizione.
Trasformazioni, abbiamo detto: secondo la teoria madre di Odifreddi, il mito religioso diviene infatti racconto letterario, poi riflessione filosofica, quindi risultato scientifico e trova infine quantificazione matematica, che è la prova «ontologica» per lui più convincente. In questa prospettiva, le «metamorfosi» di Odifreddi involgono veri e propri giochi semantici, girati dal lato della logica e spinti quindi fino al paradosso. Una delle più acrobatiche conclusioni è che «non solo non è razionale credere in Dio ma è razionale non credervi». Tutto sommato, se la ricerca di Odifreddi non si offre come prova dell’inesistenza di Dio, è però senza dubbio prova di versicolare intelligenza.









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Buona lettura!


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