" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Su Jaspers

martedì 29 novembre 2011

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Avete ucciso delle persone nel campo? - si - le avete avvelenate col gas? - si - le avete bruciate vive? - si qualche volta è successo. - le vittime venivano prelevate da ogni parte d’Europa? - penso di si - lei personalmente ha preso parte alle uccisioni? - assolutamente no, nel campo ero solo ufficiale pagatore - che cosa pensava di quello che accadeva? - all’inizio era spiacevole, ma poi ci siamo abituati - sa che i russi la impiccheranno? - (scoppia in lacrime) perché dovrebbero? Cosa ho fatto? (12 novembre 1944)
Sono queste le parole dette da un prigioniero di guerra tedesco (ex “impiegato” presso un campo di sterminio) ad un corrispondente americano. Vale effettivamente la pena chiederci, fino a che punto, questi, sia colpevole delle persone morte nei campi cui nell’intervista si faceva riferimento.




Karl Jaspers, amplia la prospettiva: nel 1946, tiene nell’università di Heidelberg una serie di lezioni (che saranno poi pubblicate col titolo “La questione della colpa”). Quanto un cittadino tedesco può ritenersi assolto (o colpevole), Che responsabilità ha nei confronti dell’olocausto?

Il filosofo inizia distinguendo quattro tipi di colpa:
  • Colpa giuridica: individuale, che riguarda gli atti commessi dal singolo soggetto, giudicati dal tribunale come criminali o meno.
  • Colpa politica: collettiva, inerente al cittadino in quanto tale, in quanto ente in società, giudicata da “la forza di volontà, del vincitore nella politica”.
  • Colpa morale: individuale, riguardante ancora una volta le azioni svolte dalla singolo, a giudicare è la coscienza morale dello stesso.
  • Colpa metafisica: ancora collettiva, riguardante il genere umano, e la solidarietà che ci accomuna, a giudicare è il proprio senso “trascendentale”, quando, di fronte al male, non si è fatto tutto il possibile per impedirlo
Alla luce di questa partizione Jaspers indicherà che dinnanzi ad un numero esiguo di colpevoli giuridici (che comunque hanno diritto ad un processo), l’intero popolo tedesco è colpevole: politicamente (dato che ogni uomo è responsabile in parte della propria classe governante [non dimentichiamo che Hitler prese il potere per libera elezione]) ; moralmente; metafisicamente (il male di Auschwitz- dice il filosofo- ha toccato le radici dell’essere umano nel senso ontologico del termine).


Proponiamo ora un ulteriore distinzione, tra colpe pratiche (giuridica e politica) e colpe “teoretiche” (morale e metafisica). Ed analizziamo il problema della responsabilità:
Il termine deriva da responso (=risposta), di cosa io debbo rispondere in una società civile? Delle mie azioni, Degli atti della mia volontà. Se io venissi stordito, nelle mie mani inanimate venisse posta una pistola carica, e chi mi avesse tramortito farebbe in modo che le mie dita premessero il grilletto uccidendo un uomo, io della morte di quell’uomo non ne sono responsabile! Tutt’al più se l’istanza giudicatrice sono i vincitori della storia, una categoria, mai assoluta, e continuamente mutevole nel tempo!
Col moderno sistema politico il cittadino è come per l’appunto stordito, praticamente incapace di esprimersi nella vita politica, (l’atto del voto non è uno strumento adeguato alla affermazione della volontà!), se quindi il governo di una nazione spetta solo teoricamente al cittadino, questi non è responsabile delle azioni messe in atto dal “proprio” governo. 
  



Fino a che punto è responsabile delle proprie azioni il soggetto? Fino a che punto possiamo parlare di colpa giuridica? la base del discorso è sempre nella volontà, se io, nel pieno delle mie facoltà mentali, uccido un uomo, questo è sicuramente un atto di volontà, ne devo quindi necessariamente rispondere?! In primis chiediamoci a chi un omicida debba rispondere, ovviamente ad un tribunale, ed un tribunale non è pur sempre istituito dai vincitori della storia?! (Si potrebbe obiettare che l’uomo ha una coscienza morale insita [per questo rimando ai paragrafi successivi]). Ma soprattutto, l’essere qui ed ora non è un atto di volontà, l’uomo è gettato al mondo ed è gettato con l’altro, il fatto che io debba rispondere all’altro (od a un insieme di altri, ovvero lo stato che istituisce il tribunale) della mia volontà, è un qualcosa di contingente. ragionando teoricamente, l’unico strumento che possa garantire la coercizione dell’altro sul medesimo, e viceversa, è la forza fisica o quella vitale (la legge del più forte). Il riconoscere all’istituzione la facoltà di giudicare i propri atti non è a sua volta un atto di volontà, quindi io non sono necessariamente responsabile delle mie azioni, per quanto criminali possano essere.
Per quanto riguarda la colpa morale, abbiamo detto che a giudicare le azioni è la propria coscienza individuale, “la mia coscienza mi riserverà senz’altro un trattamento amichevole. Non è poi tanto male, basta tirarvi un fregio, e si incomincia una nuova vita” dice Jasper indicando ciò come un errore. Tuttavia, se ancora Kant parlava di un tribunale della ragion pratica comune ad ogni essere dotato di ragione, sappiamo oggi che la coscienza morale è appunto un qualcosa di individuale, ed è a mio avviso strettamente legata alla metafisica (tema del quale lo stesso Kant pone dei forti limiti di conoscenza).


La colpa metafisica risiederebbe infatti nell’idea che l’olocausto abbia contravvenuto alle radici ontologiche umane. L’essere per sua natura non ha conoscenza dell’assoluto (altrimenti non sarebbe uomo), la metafisica quindi, sebbene sia un campo collettivo, è percepibile dall’uomo solo individualmente, ognuno crede in qualcosa di irrimediabilmente diverso da ciò in cui crede l’altro, e non c’è alcun modo di sapere chi ha ragione è chi ha torto. Supponiamo una teologia che indichi la trascendenza nella esclusività della razza ariana, se tale indirizzo metafisico, fosse, per assurdo, vero, l’aver ucciso un ebreo non sarebbe una colpa bensì un merito! Ragionamenti assurdi a parte, ribadiamo che l’uomo non può conoscere l’assoluto, quindi una colpa metafisica collettiva non può esistere, potrebbe esistere quella metafisica individuale (che sarebbe la colpa morale di cui abbiamo già visto), ove, in nome del dio in cui credo, devo amare il prossimo come me stesso, ma non posso io imporre all’altro questa mia visone della trascendenza e della metafisica.


                                                


Fabio Cirillo


                                               



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