Continua la tradizione enciclopedica di Al Kindi, Al Farabi, così chiamato dalla sua città natale Farab, celebre fra i musulmani non solo come filosofo peripatetico, ma anche come matematico e medico. Al Farabi insegnò a Bagdad e morì nel dicembre del 950. Ha scritto un'opera sulle scienze, De scientiis, uno scritto sull'intelletto, De intellectu, nonché altre opere di etica e di politica, tutte ispirate al pensiero aristotelico.
In Al Farabi si trova per la prima volta quella distinzione fra l'essenza e l'esistenza che doveva avere una così gran parte nella filosofia di S.Tommaso. Averroè fa risalire questa distinzione ai Mutakallimun, i quali per primi avrebbero affermato che porre un essere possibile significa presupporre che vi sia un agente che lo faccia passare all'atto; e che poiché il mondo nel suo insieme è possibile bisogna che l'agente del mondo sia un essere necessario.
In realtà la prima origine di questa distinzione è nel Liber de causis che, è una delle principali fonti d'ispirazione della speculazione araba.
Il Liber de causis distingue nelle cose l'esistenza e la forma, che entrambe sopravverrebbero ad esse dall'esterno; l'esistenza dal primo Essere per via di creazione, la forma delle Intelligenze subordinate per via di impressione.
Ma nel Liber de causis l'esistenza è il substrato ricettivo della forma, e quindi, la possibilità della forma stessa: funziona da materia; nel pensiero arabo il rapporto si inverte e l'essenza o forma sarà considerata come materia o possibilità, l'esistenza come atto.
Secondo Al Farabi, tutto ciò che esiste è o possibile o necessario.Se si afferma che una cosa dotata di esistenza possibile non esiste,non si enuncia un'assurdità, giacché per ricevere l'esistenza essa ha bisogno di una causa. Una cosa possibile non può passare nel numero delle cose necessarie, se non per azione di un essere necessario. Invece, se si pone l'essere necessario come non esistente, si fa una supposizione assurda, giacché quest'essere non ha un'essenza diversa dalla sua stessa esistenza.
L'essere necessario è unico e nessun altro fuori di lui possiede una vera sostanza: esso sfugge a tutte le categorie e alla stessa distinzione di materia e forma. "Egli è l'atto del pensiero nella sua purezza, il puro oggetto pensato, il puro soggetto pensante. In esso queste tre cose fanno tutt'uno. E' saggio e sapiente e vivente,ha attività perfetta e perfetta volontà. Esso gode di un'immensa felicità nella sua propria sostanza, è il primo amante e il primo amato".
La distinzione tra l'essere e necessario e l'essere possibile sarà fondamentale per tutto il pensiero arabo ed anche per la scolastica latina posteriore. Dall'essere necessario e precisamente dall'atto con cui l'essere necessario pensa se stesso (secondo lo schema di Plotino), nascono, secondo Al Farabi, i vari intelletti, che stanno fra loro come la materia e la forma, la potenza e l'atto.
Dall'Essere necessario in quanto conosce se stesso, nasce il primo Intelletto, il quale conosce a sua volta l'Essere necessario e se stesso. In quanto conosce l'Essere necessario, produce un secondo intelletto; mentre, in quanto conosce se stesso, produce il primo cielo nella sua materia e nella sua forma, che è l'anima.
Dal secondo intelletto emanano allo stesso modo un altro intelletto e un altro cielo che si situa al disotto del primo. In tal modo da ogni intelletto nasce sempre un intelletto e un cielo finché si giunge a un intelletto privo di materia che perciò non determina la formazione di una nuova sfera celeste.
Quest'ultimo intelletto è la causa dell'esistenza delle anime umane e, in collaborazione con le sfere celesti, è la causa dei quattro elementi che compongono il mondo sublunare. Esso è l'intelletto agente, dal quale dipendono gli altri tre intelletti (propriamente umani): in potenza, in atto e acquisito, la cui distinzione Al Farabi riprende Al Kindi.
Il principio efficiente di tutta la conoscenza umana è l'Intelletto agente.
All'anima umana appartiene l'intelletto in potenza, il quale, per l'azione dell'intelletto attivo, si trasforma in intelletto in atto e conosce le forme intelligibili delle cose, forme che si identificano con esso.
L'elaborazione di queste forme concettuali, che mette capo a nozioni più generali e più alte, è l'intelletto acquisito. In tal modo l'intelletto acquisito è forma dell'intelletto in potenza. L'intero meccanismo della conoscenza viene così ad essere sospeso all'azione dell'Intelletto agente.
A quest'azione Al Farabi fa anche risalire le qualità più alte che l'uomo può attingere, la sapienza e la profezia. Quando infatti l'Intelletto agente porta l'intelletto potenziale di un uomo al suo grado più alto, che è l'intelletto acquisito, quest'uomo diventa un sapiente-filosofo; ma quando lo stesso Intelletto agente agisce, oltre che sull'Intelletto, anche sulla facoltà rappresentativa di un uomo, quest'uomo diventa un profeta, un illuminato, un veggente e a lui spetta essere capo della città ideale, perché nessuno è in grado di comandarlo, ma egli è in grado di comandare a tutti.
In tal modo all'Intelletto agente è riportato da Al Farabi anche il dono dell'illuminazione divina che fa dell'uomo un profeta ed un capo; e il meccanismo attribuito all'intelletto è utilizzato anche per una spiegazione razionale della rivelazione religiosa originaria.
Ma l'Intelletto agente, come si è visto, nasce per riflessione dallo stesso Essere necessario: sicché anche la sua azione rientra nella necessità propria di questo essere.
La necessità esclude ogni possibilità di scelta: la conoscenza con cui l'Essere necessario produce tutto è necessariamente connessa con la sua stessa essenza e ne condivide la necessità.
La necessità si riflette pertanto in tutte le cose del mondo: la stessa volontà umana appare determinata dalla catena delle cause naturali che mette capo alla causa assoluta, l'Essere necessario.
Fonte: Storia della filosofia di Abbagnano
Fonte: Storia della filosofia di Abbagnano
2 commenti:
le mille e una notte..sotto il cielo arabo a parlare di filosofia..
Alessandro
Ottima la biografia e il pensiero del filosofo al faradi .
Roberto
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