Al Kindi è il primo dei filosofi arabi che si riannodi esplicitamente alla tradizione greca. Egli visse a Bagdad, dove morì nell'873, e scrisse un numero grandissimo di opere di filosofia, matematica, astronomia, medicina, politica e musica. Fu uno di quelli ai quali il califfo Al Mamoun affidò la traduzione delle opere di Aristotele e di altri autori greci. Dagli Arabi ebbe il titolo di Filosofo per eccellenza. Fu autore di numerosi commenti aristotelici.
Gerardo di Cremona tradusse nel XII secolo un suo scritto con il titolo "Verbum Jacob Al Kindi de intentione antiquorum in ratione". Un altro scritto fu tradotto col titolo "De intellectu".
La parte del commentario aristotelico di Al Kindi che richiamò principalmente l'attenzione degli scolastici latini è quella che riguarda la dottrina dell'intelletto. Al Kindi ha la pretesa di esporre le opinioni di Platone e di Aristotele; ma in realtà segue da vicino l'interpretazione di Alessandro di Afrodisia.
Egli enumera quattro intelletti. "Il primo è quello che è sempre in atto; il secondo è quello che è in potenza nell'anima; il terzo è quello che nell'anima passa dalla potenza alla realtà effettiva; il quarto è l'intelletto che chiamiamo dimostrativo: quest'ultimo Aristotele lo assimila ai sensi perché il senso è vicino alla verità e si trova in comunicazione con essa".
Di questi quattro intelletti i tre primi corrispondono rispettivamente al nous poieticòs, al nous ylikòs e al nous epiktetòs di Alessandro; il quarto è l'anima sensitiva.
In Al Kindi compare per la prima volta nettamente il principio tipico dell'aristotelismo arabo che attribuisce direttamente all'intelletto di Dio l'iniziativa del processo del conoscere nell'uomo.
"L'anima, egli dice, è intelligente in potenza: diviene intelligente in modo effettivo per l'azione del primo Intelletto, quando volge il suo sguardo verso di esso. Quando una forma intelligibile si unisce all'anima, questa forma e l'intelligenza dell'anima divengono una sola e medesima cosa, che è nello stesso tempo ciò che conosce e ciò che è conosciuto. Ma l'Intelletto che è sempre in atto, quello che attira l'anima per farne l'intelletto effettivo, da intelletto potenziale che era, non è identico a ciò che è conosciuto. Dal lato del primo Intelletto, dunque, l'intelletto e l'intelligibile che l'anima conosce non sono la stessa cosa; dal lato dell'anima, l'intelletto che conosce e l'intelligibile che è conosciuto sono la medesima cosa".
E' implicita in questa dottrina di Al Kindi la separazione tra l'Intelletto attivo, che è quello divino, e gli altri intelletti, che sono propri dell'uomo.
Fonte: Storia della filosofia di Abbagnano.
Fonte: Storia della filosofia di Abbagnano.
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