L'etica di Scheler rivolge particolare attenzione alla persona (cfr. il sottotitolo Nuovo tentativo di fondazione di un personalismo etico). La persona è un punto assoluto, essa è il soggetto unitario capace di portare a compimento un atto morale. La persona viene definita come unità- di essere (cfr. definizione p. 473), cioè come una forma unitaria di essere. La persona non è, quindi, il soggetto, la coscienza, la figura, la storicità, le opere o gli atti, bensì tutti questi aspetti fanno parte della persona. Con una metafora: la persona è il fuoco ottico a partire dal quale tutti questi aspetti si concretizzano.
Differentemente da Kant, che muove da un concetto universale e astratto di Umanità, in Scheler è l'unità- di-essere a costituire l'umanità autentica. Non si dà un'Umanità che è in me e che, però, non sono io, bensì si dà l'umanità che noi siamo in quanto persone.
Assistiamo qui al tentativo di far coincidere universalità e particolarità: la persona è universale, ma si dà solo in forma particolare, cioè concretamente (in termini kantiani: non porto rispetto all'umanità che è in te, ma a te in quanto persona).
La persona è un valore assoluto che però colgo solo concretamente. In ogni individualità colgo la persona e, tuttavia, una volta colta, non vedo in ognuno la stessa persona, ma la persona che la sua individualità particolare è.
Tuttavia, senza l'individualità concreta di ognuno non potrei cogliere la persona (in questo senso non è l'Umanità astratta e ideale di Kant).
La persona è il fulcro valoriale dell'essere umano; è in virtù del nostro essere che siamo capaci di azioni di valore, cioè di azioni morali.
Intorno alla persona si dà un mondo (Welt; cfr. distinzione fra Welt e Umwelt. Il primo è il mondo della persona, il secondo è l'ambiente dell'animale. Organizzare attorno a sé un mondo è prerogativa soltanto dell'uomo in quanto persona e non dell'animale). Definiamo il mondo come l'unità esterna che corrisponde all'unità intenzionale costituita dalla persona.
La persona non è soltanto in relazione al mondo, ma anche alla propria corporeità, al proprio corpo. In tedesco abbiamo due parole che designano il corpo: Korper, che indica il corpo materiale, e Leib, che indica il mio corpo, il corpo che mi è proprio, il corpo che sono io. Leib indica che io sono il mio corpo, cioè che la separazione di me dal mio corpo può essere solo pensata, ma concretamente io mi do sempre nella mia corporeità, cioè mi strutturo in forma carnale e corporea (per capire meglio la mia relazione con il mio corpo pensiamo a quando le mie due mani si toccano. Posso realmente distinguere quale mano sta toccando e quale mano è toccata? O meglio, posso dire veramente che c'è una mano che soltanto tocca e un'altra che è soltanto toccata?).
La relazione con la corporeità non vale soltanto tra me e il mio corpo, ma riconosco anche il corpo degli altri come Leib e non soltanto come Korper.
Andando più a fondo possiamo dire che in ogni relazione in cui mi pongo dinanzi al corpo altrui vengo riportato alla mia corporeità, cioè nella relazione tra due Leib io mi percepisco attraverso la percezione che l'altro ha di me (ad es. percepisco approvazione dallo sguardo o dal sorriso altrui).
Riassumendo: la persona è strutturata attraverso un Leib e ha relazione unificante con ciò che le sta attorno e tale relazione costituisce un mondo.
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