" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

L'Islam e le scienze dei Greci

mercoledì 2 marzo 2011

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Aristotele ritorna nel mondo della lingua latina soprattutto attraverso la mediazione della cultura araba. Anche la religione araba, come quella ebraica e quella cristiana, è una religione del libro; il suo libro sacro è il Corano, nel quale sono raccolte le versioni e le rivelazioni divine che Maometto (nato alla Mecca, in Arabia, nel 571 e morto nel 632) avrebbe ricevuto, tramite l'arcangelo Gabriele, a partire dal 612. 

Il Corano

Il termine Corano significa "testo da recitare": infatti, il libro, trasmesso dapprima oralmente e poi riordinato dai successori di Maometto, è composto di 114 capitolo, detti sure, ognuno formato da versetti in prosa ritmica. Maometto predica l'unità e l'onnipotenza di Dio, il cui nome è Allah, e l'Islam, ossia la sottomissione dei credenti e, in generale, di tutti gli esseri alla volontà di Dio, in cui il credente trova la vera pace.
Musulmani sono coloro che sono sottomessi alla volontà divina, ma tutti, nel giudizio finale, credenti e infedeli, riceveranno da Dio premi e castighi.
Maometto è l'ultimo profeta, dopo Mosè e Gesù: egli ripristina il monoteismo nella purezza e semplicità originaria, mentre i cristiani, introducendo i misteri della Trinità divina e dell'Incarnazione, hanno in qualche modo tradito la concezione monoteistica primigenia. La religione islamica permea con una serie di norme tutti gli aspetti della vita del musulmano, anche nel suo svolgimento quotidiano: la preghiera cinque volte al giorno, il digiuno nel mese del Ramadàn, l'obbligo dell'elemosina, il pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita, il divieto di bere alcolici e di mangiare carne di maiale, la liceità della poligamia e del ripudio della propria moglie. La religione islamica è combattiva, mira alla conversione o alla sottomissione degli infedeli, in nome di Allah, e a chi muore nella "guerra santa" essa promette il paradiso.
In questo orizzonte di fede, non c'è distinzione tra potere religioso e civile: i successori di Maometto, detti califfi, sono al tempo stesso capi religiosi, politici e militari e guidano i fedeli alla conquista della Siria, della Palestina e dell'Egitto, giungendo in Oriente sino all'India e in Occidente nell'Africa settentrionale e in Spagna. In tal modo, l'originario nucleo arabo del mondo musulmano si allarga e accanto alla lingua araba, che è quella del Corano e, dunque, è la parola di Dio, diventando componenti importanti della cultura musulmana anche altre lingue, in particolare quella persiana.




In questo mondo più ampio si vengono costituendo anche orientamenti religiosi diversi, talvolta in contrasto tra loro: i sunniti sono coloro che si attengono fedelmente alla sunnah, ossia all'insieme della tradizione riguardante la vita e l'insegnamento del profeta Maometto, mentre gli sciiti, pur riconoscendo la sunnah, ritengono che fonte del sapere teologico sia non soltanto l'accordo fra i dotti, ma anche il successore del profeta, detto imàm, dotato d'infallibilità, capace d'interpretare allegoricamente il significato nascosto della Scrittura e di guidare la comunità dei musulmani.
Le conquiste territoriali pongono i musulmani a contatto con la  cultura del mondo greco, e ciò che di questa li interessa sono non soltanto le espressioni artistiche e letterarie, quanto le scienze e la filosofia.
Tutte le scienze rivelano l'unità della natura, poiché essa rimanda all'unità del principio divino di cui è, appunto, immagine. Ciò a cui mira l'uomo di scienza, che raggiunge il culmine della sua attività nella contemplazione, è cogliere questa unità, realizzando così integralmente la sottomissione e l'abbandono a Dio. Questo spiega, da una parte, il peso centrale rivestito dall'esperienza mistica nella cultura islamica: il sufi (termine che probabilmente allude al saio da lui indossato) è colui che, per via di purificazione e ascesi e abbandonandosi alla misericordia di Dio, allenta i legami col mondo, supera la propria individualità sino a raggiungere l'unità divina. Uno dei sufi più famosi è al-Hallang, nato in Persia, fautore di un'ascesa mistica incentrata sull'amore, che verrà perseguitato e poi decapitato nel 922.




La tesi dell'unità assoluta di Dio è anche alla base dell'interesse nutrito dagli Arabi per le scienze della natura e per la matematica, considerate come vie di accesso all'unità della natura nella totalità dei suoi aspetti. Essi daranno, infatti, decisivi contributi all'astronomia e alla medicina, ma anche all'ottica, grazie soprattutto a colui che i latini conosceranno come Alhazen, vissuto tra il X e l'XI secolo. Particolare impulso ricevette anche l'alchimia, intesa come tecnica in grado di trasformare le sostanze naturali, per esempio i metalli, in altre sostanze più nobili (come l'oro). Il presupposto di essa è l'antica concezione di una simpatia che legherebbe tra loro tutte le cose, sicché l'azione esercitata su una di esse produce i suoi effetti anche su altre; inoltre, attraverso le operazioni alchemiche, l'anima purificherebbe se stessa e ascenderebbe, quindi, verso l'unità divina. Già nell'VIII secolo, con Gabir ibn Hayyan, l'alchimia ha un notevole sviluppo, come sarà poi, nel sud della Spagna a opera di al-Magriti. Uno scritto, a lui erroneamente attribuito, dal titolo Lo scopo del sapiente, sarà tradotto in latino col titolo Picatrix e diventerà un testo classico dell'alchimia e della magia in Occidente.




Agli Arabi si deve anche l'elaborazione dell'algebra, ignota agli antichi e destinata all'estrazione di incognite numeriche e geometriche, secondo la definizione datane da uno dei maggiori autori di algebra, il poeta persiano Omar Khayyam, vissuto tra l'XI e il XII secolo. In questa direzione egli era stato preceduto da al-Khuwarizmi, già operante nella prima metà del IX e dal cui nome deriva il termine algoritmo per indicare una particolare tecnica di calcolo.
La matematica, inclusa l'algebra, appariva nel mondo arabo come una via privilegiata di accesso al mondo intelligibile, secondo l'antico insegnamento platonico.
Il primo rilevante contatto con gli Arabi con i testi filosofici greci avviene nel IX secolo, in parte attraverso la mediazione della cultura siriaca. Già nella seconda metà del IV secolo, il cristianesimo si era diffuso in Siria e a Edessa si era costituita una scuola dedita anche alla traduzione in siriaco di opere di Aristotele, considerato, ben più di Platone, il vero filosofo. Aristotele, infatti, forniva gli strumenti logici e concettuali con i quali affrontare le dispute teologiche.




Quest'opera di traduzione continuò anche dopo la conquista araba, avvenuta nel VII secolo. Giacomo e Giorgio di Edessa, morti nei primi decenni dell'VIII secolo, traducono e commentano soprattutto opere logiche di Aristotele, mentre pressoché ignote rimangono le opere non logiche.
Verso la metà dell'VIII secolo, la capitale del dominio arabo viene trasferita da Damasco a Baghdad. Qui, nell'815, è istituita dal califfo al- Ma'mun la Casa della Sapienza, con annessi una biblioteca e un osservatorio astronomico; in essa viene avviato un intenso lavoro di traduzione di testi greci dal siriaco o direttamente dal greco.
Propulsore di questa attività è un cristiano, Hunain ibn Isaaq (810-877), noto ai latini col nome di Ioannitius. Il suo obiettivo, perseguito poi anche dal figlio e dal nipote, è la traduzione sistematica di quasi tutte le opere di Aristotele, ma, già nel X secolo, queste traduzioni erano divenute rare e se ne dovettero intraprendere altre. L'immagine di Aristotele che ne risultava però era intrisa di forti elementi di provenienza neoplatonica: infatti, ad Aristotele erano anche attribuite una Teologia, che è in realtà un insieme di estratti delle Enneadi di Plotino e da commenti di Porfirio, e un Libro sul Puro Bene, che sarà poi noto ai latini col titolo di Liber causis, il cui contenuto deriva dagli Elementi di teologia di Proclo.


Questi temi consentivano di porre a coronamento del pensiero aristotelico una teologia che concepisce Dio non soltanto come causa finale; bensì anche come sorgente dalla quale emana il tutto.
L'interesse iniziale per la filosofia e la scienza greche deriva in gran parte dalle dispute che avevano luogo a Damasco o a Baghdad tra cristiani, ebrei e musulmani, nel corso delle quali, per evitare di avere la peggio, questi tentarono di impadronirsi delle tecniche argomentative elaborate dai Greci, in particolare da Aristotele. Il problema che nasceva da questo incontro con la filosofia greca era che queste tecniche, ritenute valide, portavano a volte a conclusioni che potevano apparire incompatibili con i contenuti della religione rivelata nel Corano.
In generale, i filosofi arabi intesero non tanto mettere in discussione o addirittura abbandonare questi contenuti, quanto individuare connessioni possibili tra il piano dell'esperienza religiosa, comune a tutti i fedeli, e il piano della riflessione filosofica, destinato a pochi. Non si deve tuttavia pensare che questo aspetto sia stato quello più rilevante nell'esperienza religiosa e nella riflessione teologica dell'Islam; i filosofi arabi inclini a ripercorrere le orme degli antichi, in particolare di Aristotele, furono una minoranza, che non riuscì, e forse soprattutto non mirò, a diffondere la propria riflessione in vaste cerchie.
Tuttavia è proprio questa minoranza di filosofi che rivestì notevole importanza per gli sviluppi della ricerca filosofica nell'Occidente medievale.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

mi kiamo luca davvero bello questo articolo brava elisa

Anonimo ha detto...

e pensare che c'è gente che considera gli islamici un popolo di sottosviluppati..dovrebbero solo tacere ed imparare..poveri stupidi..
IcarusDream

Anonimo ha detto...

NTERESSANTE E BEN GESTITO

Anonimo ha detto...

ci aggiungo gli scacchi...dove la donna è fondamentale...un bacio donna irridiscente
Alessandro

Anonimo ha detto...

interessante la spiegazione della cultura araba
Roberto

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