Oggi vorrei proporre la lettura filosofica del film Pulp fiction.
Quando si procede alla lettura filosofica di un film bisogna innanzitutto cercare il concetto immagine che diventerà il fulcro intorno a cui lavorare. Il concetto immagine può essere un personaggio, una sequenza, a volte l’intero film, dipende da che cosa vogliamo analizzare insieme alla classe. In base alle questioni che il docente vuole porre, analizzerà determinati concetti immagine. Nel film Pulp fiction è l’immagine pulp ad essere il concetto-immagine. Pulp-fiction significa elaborazione pulp della realtà:
-disgregazione del tempo: lo spettatore è disorientato poiché si danno degli eventi isolati nel tempo, non hanno un prima e un dopo, magari la loro causa viene data dopo dell’effetto, passato e futuro corrono parallelamente
-disgregazione della narrazione: situazione banale di partenza/ evento che crea cesura/ ritorno alla situazione banale. Ritmo altalenante. Crisi del ruolo del personaggio, personaggi dei quali è irrilevante la storia personale. Trasformazione dell’ordinario in eccezionale, effetto spiazzamento
-contaminazione tra i generi: genere noir e hard-boiled
Per lavorare attorno al concetto di pulp si possono enucleare alcuni temi:
-la violenza: violenza trattata in senso estetico, irrompere della violenza nella quotidianità
-la danza
-il cibo: esaltazione del “cibo nocivo americano”, è emblema di un modello di vita, ma non c’è un intento apologetico della cultura americana.
-non c’è giudizio nel film di Tarantino ed è questo che lo rende pulp. Non c’è buono e cattivo, non c’è gerarchia di valori
-non c’è introspezione, è tutto superficie, è ciò che accade
Come usare tutto questo?
-agganciare il film al concetto di crisi della modernità, crisi delle strutture classiche
-il problema del tempo e della storia: richiamare l’eterno ritorno di Nietzsche e quindi la messa in questione della linearità del tempo, messa in questione della storia che ha un fine
-la nozione del soggetto: il soggetto è determinato da una identità, mentre i soggetti di Tarantino sembrano non avere un’identità, si rivelano in quello che fanno nel momento in cui lo fanno
-il ruolo dell’osservatore: l’ermeneutica di Nietzche e di
Gadamer
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