" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Cenni a Yorck von Wartenburg

sabato 16 aprile 2011

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Secondo Yorck (1835-1897) in Dilthey - con cui egli intrattenne un fecondo carteggio - sussiste una frattura tra la dimensione vitalistica, tesa a rivivere il passato, e il positivismo, per il quale il passato è posto come oggetto di fronte a un soggetto che ne è l'osservatore puramente teoretico. In questo modo la storicità non investe mai veramente l'atto del comprendere. Alla mera trasposizione che risuscita solo in apparenza il passato, ponendolo come cosa in sé e relegandolo nello statuto inerte di oggetto, Yorck contrappone il progetto di una conoscenza storica che, tematizzando l'implicazione del soggetto conoscente nell'oggetto conosciuto, definisca la storicità come appartenenza.




Sulla base della differenziazione tra trasposizione e appartenenza, Yorck istituisce le due categorie di ontico e storico. Ontico è ciò che, tratto dal passato con la trasposizione, viene assunto come cosa in sé, come oggetto determinato che non inferisce effettivamente nei processi vitali del soggetto conoscente. L'ontico resuscita cioè il passato come semplice presenza, come una oggettività muta, come mera alterità.
Storico, invece, è ciò che viene tratto dal passato non come una oggettività conchiusa, ma piuttosto come una virtualità che deve ancora realizzarsi appieno, attraverso la sua efficacia sul soggetto che comprende; la storicità in senso proprio è dunque diversa dalla semplice presenza e si configura piuttosto come un processo, come un rinvio e un destino.






In altri termini gli storici appartenenti alla "scuola storica" sono per Yorck dei grandi "oculari": essi colgono cioè l'ontico-empirico attraverso una ricostruzione del passato che mira a tratteggiarne le forme; questo consegna il passato all'oggettività della semplice presenza. Ma ciò non è che un momento del comprendere storico, che resta sterile se non viene integrato (o meglio coronato) dall'appropriazione per cui, abbandonando il riconoscimento solo empirico-oculare delle forme storiche, il soggetto comprendente istituisce con esse un rapporto vitale. Ciò implica la messa in gioco della storicità del soggetto, che non si qualifica più in termini semplicemente teoretico-osservativi, ma piuttosto in un senso pratico-ermeneutico.

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