" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Maimonide: la teologia (parte 1)

sabato 23 aprile 2011

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Mosé Ben Maimoun, detto Maimonide, nacque a Cordova il 30 marzo 1135. Per l'intolleranza degli Almohadi, la sua famiglia fu costretta ad abbandonare la Spagna e si recç dapprima a Fez nel Marocco, poi in Palestina. Di li Mosé si recò in Egitto e si stabilì al vecchio Cairo. Pur dedicandosi al commercio delle pietre preziose, cominciò a tenere corsi pubblici che lo resero celebre come filosofo e teologo, ma soprattutto come medico.
Il ministro del famoso sultano Saladino, che in quel tempo aveva esteso la sua autorità sull'Egitto, gli assicurò i mezzi di rinunciare al commercio e dedicarsi soltanto alla scienza, nominandolo medico di corte.
Maimonide raggiunge allora una grande celebrità e fortuna, e poté, con l'aiuto del suo protettore, sfuggire alle conseguenze dell'accusa, che gli fu mossa, di essere ritornato al giudaismo dopo aver accettato, durante il suo soggiorno giovanile in Spagna, la fede musulmana. Morì il 13 dicembre 1204.










Maimonide è autore di numerosi scritti medici e teologici. Tra questi ultimi ha importanza filosofica quello intitolato Otto capitoli. Un suo Vocabolario della logica fu tradotto in latino da Sebastiano Munster. Ma la sua opera fondamentale è la Guida dei perplessi, nella quale cercò di realizzare la conciliazione tra la Bibbia e la filosofia, la rivelazione e la ragione. L'opera è indirizzata a coloro che respingono ugualmente l'irreligiosità e la fede cieca e che, trovando nei libri sacri cose contrastanti o in apparenza impossibili, non osano ammetterle per non urtare la ragione, né rigettarle per non venir meno alla fede; e restano immersi in una perplessità dolorosa. A questi perplessi si rivolge Maimonide, col proposito di utilizzare tutto l'armamentario dialettico, approntato dalla filosofia araba e giudaica, in sostegno della fede tradizionale.









Si è visto che il risultato sostanziale della filosofia araba da Al Kindi ad Averroè è stata l'elaborazione del principio della necessità dell'essere, principio che ha come sua immediata conseguenza l'eternità del mondo. C'è stata bensì, contro questo principio, la reazione dei Mutakallimun, degli Ascariti e di Algazel; ma questa reazione, prendendo origine dall'ortodossia religiosa, era estranea alla filosofia ed era anzi contro ogni filosofia. Pareva che la difesa della novità del mondo e della creazione non potesse essere fatta se non in nome della fede e con la rinunzia a tutti i vantaggi che la ricerca filosofica aveva portato allo stesso intendimento della verità rivelata.

L'originalità di Maimonide, che pure si presenta sin dal principio come sostenitore della contingenza del mondo e della creazione, è nel fatto che egli non rinuncia al procedimento dimostrativo e ai risultati della filosofia della necessità. Poiché l'esistenza di Dio e le altre verità fondamentali non si lasciano dimostrare rigorosamente se non con il procedimento di questa filosofia e sulla base del principio che essa difende, tanto vale utilizzare sino in fondo questo principio per stabilire le verità fondamentali, salvo poi a sottomettere a critica lo stesso principio.









"Io credo, dice Maimonide (Guida, I, 71), che il vero modo, cioè il metodo dimostrativo che elimina il dubbio, consista nello stabilire l'esistenza di Dio, la sua unità e la sua incorporeità con i procedimenti dei filosofi, procedimenti che sono fondati sulla eternità del mondo. Ciò non perché io creda all'eternità del mondo o faccia a questo proposito qualche concessione; ma perché soltanto con questo metodo la dimostrazione diventa sicura e si ottiene una certezza perfetta su questi tre punti: che Dio esiste, che è uno, che è incorporeo, senza che importi decidere nulla rispetto al mondo, e cioè se esso sia eterno o creato.
Una volta risolte, con una vera dimostrazione, queste tre questioni gravi e importanti, ritorneremo in séguito su quella della novità del mondo e metteremo avanti a questo proposito, tutte le argomentazioni possibili".






Fonte: Storia della filosofia di Abbagnano

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