" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Problemi della filosofia kantiana, seguaci e critici

lunedì 4 aprile 2011

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Vi presento un piccolo riassunto del rapporto fra le tre Critiche kantiane per poi prenderle in esame!

Pura (due edizioni, 1781, 1787): conoscenza limitata agli oggetti sensibili, la metafisica è un bisogno, non può essere una scienza, l'intuizione è solo sensibile. Dio, immortalità dell'anima, libertà del volere non possono essere dimostrati.
Pratica (1788): l'esistenza di Dio, l'immortalità dell'anima e la libertà si danno come postulati dell'agire. Tensione fra dovere e felicità, libertà e sensibilità. Il sommo bene e il regno dei fini. La religione interpretata all'interno della moralità.
Giudizio (1790): connessione fra il regno della natura determinata e quello della libertà attraverso il concetto di armonia e di finalità. Il sistema ha trovato la sua unità? Quale delle Critiche è più importante? Differenze di valutazione tra Fichte, Schelling e Hegel.
Rapporto fra i livelli conoscitivi.




Sensibilità: si avvale delle forme di spazio e tempo; le scienze relative sono geometria e matematica.
Intelletto: si avvale delle 12 categorie, fra cui causa, relazione reciproca e sostanza; la scienza relativa è la fisica.
Ragione: si avvale delle idee di anima, mondo e Dio; la scienza relativa dovrebbe essere la metafisica, tuttavia questa non può essere una scienza. E' solo un bisogno. Le idee della ragione non hanno una funzione costitutiva della conoscenza, ma solo regolativa.
Qual'è il rapporto fra questi livelli? L'Io
Che conosce è l'Io? Come lo conosciamo? Se lo conosciamo solo nel suo essere empirico, non lo conosciamo come soggetto. In tal caso noi non saremmo consapevoli di noi stessi. Se noi al di là del suo essere empirico, allora il limite della sensibilità stabilito da Kant al conoscere non vale più.

La cosa in sé. Poiché conosciamo gli oggetti solo come si presentano alla nostra esperienza, la nostra conoscenza è limitata ai fenomeni (ciò che appare), quello che al di là è pensabile (noumeno), ma non conoscibile. La cosa è conosciuta come appare a noi, come oggetto di conoscenza, ma non in quello che è in sé. Che rapporto c'è fra la cosa in sé e l'oggetto conosciuto?


INTERPRETAZIONI DELLE FILOSOFIE POSTKANTIANE.






Reinhold (Lettere sulla filosofia di Kant, 1786-1788; Saggio di una nuova teoria della facoltà rappresentativa, 1789).
  • La rappresentazione: unione di oggetto rappresentato e soggetto rappresentante
  • al di là dell'oggetto rappresentato ci sono le cose in sé, diversamente non avrebbe senso il conoscere
  • per questo la sensibilità ha un aspetto recettivo, la materia
  • fra l'oggetto rappresentato e la cosa in sé c'è una relazione, qualcosa in comune.
  • la cosa in sé non è esaurita nel conoscere, quello per cui è in sé rimane non rappresentato.




Maimon (Saggio sulla filosofia trascendentale, 1790)
  • la cosa in sé non è conoscibile, né si può correttamente pensare che noi riceviamo la materia della nostra sensibilità dall'esterno;
  • la materia va piuttosto concepita come una causalità iniziale, un disordine nel nostro conoscere, al quale cerchiamo di conferire un senso un ordine; 
  • questo impegno non arriva mai a conclusione, l'ordine non è mai totale

Jakob Sigismund Beck (Il solo punto di vista possibile da cui deve essere giudicata la filosofia critica, 1796):
  • l'oggetto non è il punto di partenza del conoscere, ma il suo punto di arrivo: è l'unità del molteplice
  • l'intelletto produce attraverso le categorie l'oggetto


CRITICI DELLA FILOSOFIA KANTIANA


Schulze ( Aenesidemus, 1792)

  • Se la cosa in sé deve esistere perché noi la pensiamo, si ricade nell'argomento ontologico che dal pensiero conclude all'esistenza.
  • Il discorso sull'esistenza della cosa in sé implica una qualche conoscenza di essa, altrimenti non potremmo neppure parlarne

Jacobi (Lettere sulla dottrina di Spinoza, 1785; Idealismo e realismo, 1787)

  • L'esistenza non è colta dalla ragione, ma da una relazione personale, della fede
  • La cosa in sé è paradossale: si presuppone la percezione degli oggetti fuori di noi, ma gli oggetti che percepiamo sono soggettivi; come veniamo impressionati? Qual è la personalità del nostro essere?

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