" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Ricoeur (parte 1)

martedì 19 aprile 2011

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In Ricoeur (1913-2005), protestante, vi è una radice religiosa vissuta più intensamente che in Gadamer. Nella sua formazione contano la fenomenologia, l'esistenzialismo, oltre che il mondo religioso sia protestante che cattolico, in particolare il gruppo raccolto intorno alla figura di Mounier, cattolico personalista, e alla sua rivista Esprit.
Un'altra esperienza importante è data dalla prigionia in Germania, dal 1940 al 1945. In seguito è stato professore universitario e per un anno rettore dell'Università di Nanterre, negli anni della contestazione del 1968.
La sua prima ricerca importante riguarda il tema della volontà (La filosofia della volontà. Il volontario e l'involontario) all'interno di una ricerca complessiva di antropologia filosofica che si sviluppa attraverso un'attenzione specifica per la dimensione pratica dell'uomo.








Per Ricoeur, come per tutti i filosofi francesi, resta fondamentale l'eredità di Cartesio, il cogito cartesiano alla cui dimensione teorica egli però affianca l'io voglio, chiedendosi lo statuto di questa dimensione pratica dell'esperienza.
L'analisi si sviluppa qui secondo una metodologia tipica di Ricoeur che cerca di arrivare a una visione teorica precisa attraverso lo studio dei fenomeni concreti. Già in quest'opera emergono i tratti di un essere umano che esperisce la sproporzione tra la sua finitezza e l'infinito cui tende (cfr. Pascal). Questa linea che si allontana dalla trasparenza del cogito verso la dimensione pratica incontra nella seconda parte dell'opera (La filosofia della volontà. II. Finitudine e colpa) il tema della colpa e del male.
La prima parte (a.L'uomo fallibile) studia la dimensione della fragilità, della tendenza dell'agire, radicato in una dimensione oscura, a non realizzarsi come l'uomo vorrebbe: la finitudine come sproporzione tra finito e infinito diventa tensione tra affermazione e fragilità ("L'uomo è la gioia del sì, nella tristezza del finito).







A questo punto egli arriva a confrontarsi con il tema del male (b. La simbolica del male): qui emerge un tema importantissimo nella ricerca di Ricoeur, quello dell'interpretazione del simbolo. Egli distingue anzitutto il simbolo dall'allegoria: quest'ultima significa dire qualcosa che già si conosce in un altro modo, il simbolo invece ci fa conoscere qualcosa che non può essere colto in altro modo, che ci è accessibile solo in questa forma: il simbolo dice cioè se stesso, è tautegorico (cfr. Schelling, Creuzer e la riflessione romantica al proposito).
"Il simbolo dà a pensare": così si esprime Ricoeur.

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