" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

L'ermeneutica di Skinner (parte 15)

lunedì 9 maggio 2011

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E' necessario tenere distinti il giudizio morale da quello storico. Quando parliamo di giudizio morale ci riferiamo al giudizio che diamo in base al codice di comportamenti, ai valori morali che noi adottiamo.
Per dare un giudizio morale non c'è bisogno di studiare la storia; da quando Mosè ha asserito di non uccidere, il giudizio morale è quello di non uccidere. La storia come disciplina non ha il compito di dare giudizi morali.
E' utile per lo storico interrogarsi sulla verità e razionalità delle credenze?
Lo storico quando si interroga sulla razionalità di una credenza deve adottare come paradigma, modello di razionalità non il proprio ma quello dell'epoca o dell'autore considerato.






Perché dal punto di vista storico ci interroghiamo sul problema della razionalità di una credenza?
Perché se riteniamo una credenza razionale per gli standard dell'epoca come storici siamo portati a credere che quella credenza è un motivo sufficiente per spiegare gli avvenimenti storici che ne derivano.
Come storico non fornisco un giudizio morale ma cerco le cause degli avvenimenti e devo capire se mi basta la credenza oppure se devo invocare altre cause storiche che stanno dietro quella credenza e che sono più importanti rispetto a questa.







In questo capitolo viene alla luce la base filosofica dell'interpretazione di Skinner la quale è da cercare nella filosofia del linguaggio del XX secolo anglosassone e in particolare nella filosofia analitica inaugurata da Wittgenstein.
Skinner fa riferimento a due autori:
a)Wittgenstein
b) Austin

Il primo aveva messo in luce il fatto che quando studiamo il linguaggio, non dobbiamo fermarci solo al significato delle parole cioè quella che può essere chiamata "dimensione semantica". Altrettanto importante accanto alla dimensione semantica è la dimensione di uso del linguaggio cioè l'utilizzo che noi facciamo del linguaggio come se fosse uno strumento.
Il linguaggio è una forma di azione!
Wittgenstein aveva messo in luce che l'uso si rivela nei giochi linguistici e nelle forme di vita.
Ogni forma di linguaggio è come un gioco che obbedisce a regole e serve per un uso.
Poi, nell'ultima fase della sua vita, aveva allargato il concetto di gioco linguistico portandolo alla dimensione della forma di vita; cioè il linguaggio ha senso/significato/uso all'interno di una forma di vita (esempio linguaggio rituale utilizzato a messa ha un significato diverso dal linguaggio utilizzato nella vita quotidiana in quanto appartiene a una forma di vita diversa da quella della vita quotidiana).
Wittgenstein faceva il paragone asserendo che le nostre parole sono come degli attrezzi in una scatola dell'artigiano (esempio la lima ha un uso diverso rispetto al cacciavite).
Anche il linguaggio è implicato nell'azione ed è una forma di azione linguistica.

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