" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

L'ermeneutica di Skinner (parte 16)

lunedì 9 maggio 2011

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B) Austin aveva proseguito nella linea di Wittgenstein e aveva scritto un libro importante intitolato "Come fare cose con le parole" che noi possiamo tradurre più semplicemente così: "Quando dire è fare" (quando il dire è una forma di azione esempio la formula del matrimonio, promettere, giurare, quando il giudice assolve o condanna).
Austin aveva chiarito che noi per ogni enunciato dobbiamo esaminare l'aspetto illocutorio e l'aspetto perlocutorio.
Il primo deriva da il loquor= parlare, esprime la forza dell'enunciato (es. prendiamo la frase il ghiaccio è sottile, sono in riva a un lago e constato che è sottile ---> in questo caso non c'è una forza illocutoria è solo una constatazione, enunciato dichiarativo. Se invece sono un vigile e vedo un bambino che pattina sul ghiaccio e grido:"il ghiaccio è sottile", il mio enunciato ha anche una forza illocutoria di un avvertimento oppure quando si minaccia).
L'aspetto perlocutorio, invece, è quello che descrive gli effetti o le conseguenze di un enunciato (esempio formula del matrimonio).








Questi concetti hanno un'applicazione anche quando noi studiamo da storici dei testi, cioè facciamo il mestiere dell'interpretazione di testi o autori del passato o presente.
La teoria degli atti linguistici applicata alla storia non è una teoria che si basa sulle intenzioni degli autori.
Secondo i critici, la tesi di Skinner, è quella di cercare le intenzioni degli autori, ma non è così in quanto egli ha sempre difeso la posizione antitenzionalista (qui Skinner fa riferimento al fatto che per una importante tradizione filosofica che risale allo storicismo tedesco dell'800 che poi è continuata nell'ermeneutica di Gadamer, comprendere un testo o un autore significa comprendere le intenzioni che l'autore ha avuto nello scrivere quel testo. Gli storicisti tedeschi dell'800 e principalmente Dilthey avevano ritenuto che lo storico attraverso una forma di empatia deve immedesimarsi nel testo o autore che viene studiato). Gadamer aveva parlato di "fusione degli orizzonti".









Questa concezione basata sul concetto base dell'idea di intenzione è stata molto criticata dalla filosofia analitica del linguaggio proprio perché le intenzioni in quanto sono interne a ciascuno non possono essere colte dall'esterno. 
Secondo la filosofia del linguaggio, tutto ciò che noi possiamo comprendere deve essere oggettivabile cioè deve esprimersi in linguaggio o azioni. Tutto ciò che noi possiamo cogliere/studiare è ciò che viene espresso in modo "pubblico" ciò che è privato (l'intenzione) è sottratto alla nostra comprensione.
(esempio di Defoe ---> pag.134 il modo più breve per cavarsela con i dissedenti è quello di uccidere. La forza illocutoria di questo significato nello scritto di Defoe è un'esortazione a uccidere i dissedenti ma è un'ironia sull'intolleranza).
L'ironia è il caso più eclatante davanti al quale si trova uno storico e che lo spinge appunto ad esaminare l'aspetto non del significato ma dell'atto linguistico che l'autore sta compiendo scrivendo un certo testo. Se uno si esprime con ironia sta asserendo il contrario di quello che apparentemente dice.
Noi dobbiamo ricostruire il contesto di un'opera per capire quale era l'uso che l'autore voleva dare alle frasi che sono contenute in un'opera. Dobbiamo considerare gli enunciati come delle mosse (perché l'autore l'ha fatta? Contro chi? Quali regole stava seguendo?).

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