" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Libertà=volontà

sabato 7 maggio 2011

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Oggi ho pensato di pubblicare un altro saggio breve scritto da Fabio Cirillo dal titolo "Libertà=Volontà".
Vi auguro una buona lettura!








Penso che oggi molti di noi abbiano una visione fin troppo imborghesita di ciò che questo concetto esprime, una visione estremamente condizionata dall'idea di legge e di stato, ed è forse proprio questo uno degli indici più terribili di quanto la polis sia diventata un dispositivo.
la polis, per l'appunto il luogo degli uomini liberi.
la libertà è innanzitutto l'organo della volontà, e il volere certamente non segue le prescrizioni del nomos, e proprio questa discrepanza che crea il "voglio e non posso" agostiniano!

Anche la volontà a sua volta ha subito un processo di imborghesimento, per dirlo in maniera Deleuziana, l'intero nostro "desiderare" (ovvero “volere” essendo consapevoli dell'esistenza di una realtà teleologica) è stato ridotto al dramma delle mura domestiche, l'Edipo, quando invece, la macchina desiderante del pensiero umano, ne va ben oltre.
L'uomo può anche volere la morte dell'altro, non riconoscere tale ambito della volontà è un errore.










Quando due uomini vogliono l'uno la morte dell'altro nasce la guerra. lo stato è generato proprio contro l'idea di guerra, come sosteneva T.Hobbes. L'istituzione tutela la pace, attraverso la mutilazione, da parte di ogni soggetto, di una porzione di volontà (appunto quella belligerante).  tale mutilazione, che in passato l'uomo se'è autoimposto, ma che ora viene vissuta dall'individuo come una vera e propria imposizione, per l’appunto vieta una totale corrispondenza tra volontà e libertà.


Ma come ottenere l'ordine senza violentare la volontà umana, riducendo libertà al “borghesemente possibile” e il resto in un "voglio e non posso"?!











Il problema sta nella ricerca dell'ordine, anche le correnti più aperte (quale l’anarchia) alle istanze della volontà lo pongono come fine. In realtà, come diceva anche Hegel a proposito della dialettica servo-padrone, l’identità non si genera mai in maniera pacifica. La guerra, così come il voler uccidere, è nell’uomo, è nessun dato (se non la morale, nel senso più dispregiativo del termine) ci autorizza a pensare ne il contrario ne l’ingiustizia di tale concezione. La guerra e l’uccidere si prestano ad essere dei fini trascendentali e teoretici.



Lungi da me ovviamente fare una apologia alla guerra o all’omicidio, sto semplicemente affermando in  maniera logica una proposizione secondo la quale non è detto che si uccida semplicemente per la sopravvivenza del corpo:









Amleto, per fare un esempio letterario, altro non è che colui che ricerca la verità da folle, il suo specchio opposto è Larete, anch’egli è alla ricerca della verità ma forte di una razionalità datagli dal conoscere i fatti (così come gli sono stati raccontati dal re).  Sebbene i due prima del duello finale si riconcilino dal punto di vista morale, entrambi per un fine teoretico (la verità) avrebbero lottato finche uno non avrebbe ucciso l’altro.



L’ordine non è nell’uomo, ed ogni tentativo da parte della legge positiva di imporlo è destinato fin da principio a fallire.

Ne istituzione ne ordine quindi, ma come è a questo punto garantita la vita? Come potrebbe non essere ipotizzabile, a queste condizioni, un continuo scannarsi tra essere umani? E soprattutto, come potrebbe non essere ipotizzabile un perenne trionfo del più forte?



Partiamo da quest’ultimo quesito: Foucault ne “Le parole e le cose. Un'archeologia delle scienze umane” del 1966 (non che in un certo senso già Democrito) affermava che l’uomo, in quanto animale strutturalmente debole, abbia creato le scienze e la tecnica come mezzo per sovvertire questo rapporto di debolezza. Così si potrebbe presumere che all’interno del disordine gli individui strutturalmente deboli vogliano creare un ordine per tutelare la pace… non è questo già lo stato? No perché lo stato, come abbiamo già detto, viene imposto all’individuo a prescindere dalla sua volontà. L’uomo del nostro tempo ha perso la sua volontà di tutelare la pace e al contempo si trova imprigionato nella condizione non potere esprimere la stessa volontà in guerra, il tutto a causa di un ordine a cui non ha mia scelto di aderire.   










Per concludere, e per affermare ancora una volta che questo articolo non elogia la guerra, ma semplicemente afferma come questa possa essere espressione di una volontà che va comunque rispettata. diciamo che la guerra, se come abbiamo visto è un possibile fine teoretico, non è certamente l’unico, anzi, è molto più facile (e intuitivamente giusto) supporre che l’umanità ha da raggiungere la sua struttura ultima in maniera collettiva, senza però per questo reprimere la volontà di chi sostiene il contrario.
(Fabio Cirillo)






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