" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Cratilo (ebook free)

martedì 26 luglio 2011

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Riassunto dell'opera


Redatto nella fase che prelude alla fondazione della dialettica, il dialogo dibatte il problema dell'origine dei nomi e del rapporto che essi intrattengono con le cose che nominano. 
In esso Platone confuta le due tesi cui era approdata la tradizione filosofica precedente, ovvero l'idea che la relazione tra nome e cosa sia instaurata da una convenzione e quella che sia determinata dalla natura stessa delle cose, e propone una concezione che riconosce elementi di validità in entrambe le tesi, distinguendo la nozione di correttezza (orthòtes) da quella di verità (aletheia).
Socrate viene invitato da Cratilo ed Ermogene a esprimere la sua opinione sul problema che stanno dibattendo, quello della correttezza dei nomi. Ermogene presenta sinteticamente i due punti di vista: Cratilo, come Eraclito e i cinici, crede che essa dipenda dal nesso che lega i nomi alle cose, e di conseguenza che il linguaggio sia un mezzo per insegnare la natura delle cose. 
Ermogene, invece, come gli eleati, i megarici, i sofisti e Democrito, nega qualunque nesso tra ontologia e linguaggio e ritiene che siano il consenso e l'uso a costituire e garantire la correttezza di un nome. 

Socrate argomenta che questa seconda concezione non spiega perché un nome possa denominare una certa cosa in un modo più corretto di un altro: a suo avviso, ciò dipende dalla capacità del nome di mostrare la natura della cosa che denomina. Forgiare i nomi e imporli alle cose richiede quindi una competenza che solo alcuni possiedono ( i legislatori), e giudicare se questa competenza sia stata sufficiente spetta solo a chi conosce la costituzione delle cose (i dialettici). Per mostrare come le parole siano portatrici di verità, Socrate si lancia in una lunga dissertazione etimologica, in cui cerca di mostrare la congruenza dei nomi degli dei, degli astri, dei fenomeni naturali e delle nozioni morali alle cose che denominano scomponendoli in nomi più primitivi, che dovrebbero rispecchiare l'essenza delle cose.

Ma questa analisi conduce a risultati assai discutibili, che inducono Socrate a mettere in discussione l'idea che tra nome e cosa vi sia un legame intrinseco. Cratilo del resto obietta che poiché è la natura delle cose a imporre i nomi che servono a denominarle non è possibile che esistano nomi falsi, come Socrate invece sostiene. Nel rispondere a questa obiezione, Socrate recupera alcuni elementi della posizione sostenuta da Ermogene, e in particolare l'idea che esista una forma di convenzione che regola la capacità rappresentativa dei nomi. 
Come l'immagine pittorica può essere più o meno esatta, così anche il nome, in quanto immagine della cosa, può essere inesatto. Del resto, se il linguaggio è lo strumento per cogliere l'essenza delle cose, chi ha imposto i primi nomi non può essere stato guidato da questa conoscenza, possibile solo a partire da queste prime nominazioni: deve averli quindi scelti liberamente.
Comunque, anche un nome ben costruito può essere usato in modo sbagliato, ed è per questo che è possibile dire il falso. Socrate accenna infine alla dottrina delle idee, che costituisce lo sfondo ontologico della sua concezione del nominare: i nomi sono segni delle idee di cui le cose sono copia, e per quanto è possibile devono cercare di esprimerne la natura (dire quanto riescano in quest'intento è compito del filosofo, che conosce l'articolazione del sistema delle idee).
Pur non raggiungendo una conclusione definita (il problema dei nomi e delle proposizioni false, per esempio, verrà ripreso nel Parmenide e nel Sofista), il dialogo ha il pregio di delineare alcune alternative fondamentali della speculazione sul linguaggio, che hanno caratterizzato anche la storia della filosofia del linguaggio recente; di qui la rivalutazione di cui il Cratilo è stato fatto oggetto nel Novecento.

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