" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Filebo (ebook free)

martedì 26 luglio 2011

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Riassunto dell'opera


Il Filebo è una delle ultime opere platoniche; composta indubbiamente dopo la quadrilogia dialettica (Parmenide, Teeteto, Sofista, Politico), è databile all'incirca agli stessi anni del Timeo e Leggi. Il dialogo, la cui ambientazione resta oscura, si svolge fra Socrate e Protarco, il "figlio di Callia" amico di Socrate, alla presenza di Filebo, certamente un personaggio di fantasia ma la cui maschera potrebbe celare, almeno secondo alcuni critici, la figura di Eudosso, un matematico noto per aver sostenuto nell'Accademia posizioni edonistiche simili a quelle attribuite nel dialogo proprio a Filebo.
Lo scritto, se per un verso rappresenta la principale opera etica di Platone, deve essere annoverato fra i grandi dialoghi dialettici; la stessa presenza di un Socrate maestro, che guida e orienta la discussione nello stile dei dialoghi dialettici; la maturità, è del tutto inusuale nelle opere di questo periodo. Questa ambivalenza, oltreché l'oggettiva complessità della stesura, ricca di ripetute digressioni, ha sconcertato la maggior parte dei critici sia antichi che moderni.
L'incipit, rinviando a una precedente discussione fra Socrate e Filebo, pone immediatamente sul tappeto il tema centrale: la vita buona.
Platone dà per già noto il dibattito sull'alternativa fra edonismo e razionalismo in campo morale e, riproponendola, sottolinea la sua intenzione di affrontare ora la questione da un diverso e superiore punto di vista.

Infatti la tesi platonica circa la miglior vita per l'uomo, che verrà confermata alla conclusione del dialogo, viene formulata già in apertura e non costituisce di per sé una novità radicale: come terza via fra primato del piacere e primato del pensiero viene proposta una vita mista di entrambi. Tuttavia a partire da questa indagine etica, che funge da filo conduttore, Platone lascia emergere una serie di questioni metafisiche di portata decisiva. La constatazione della difficoltà di parlare in modo univoco di piaceri e conoscenze diversi, conduce immediatamente alla formulazione del classico problema dell'uno e dei molti che Socrate intende però affrontare sul piano strettamente metafisico, chiamando cioè in causa tutti i problemi connessi alla presenza della molteplicità nel mondo delle idee. 
E' proprio in questo contesto che si trova una delle più note esposizioni del metodo dialettico, metodo che tuttavia non viene applicato al caso in questione; Socrate propone infatti di partire dal riconosciuto primato della vita mista, intimamente legata alla natura uni-molteplice del reale, per indagarne i fondamenti ontologici; si sviluppa in questo modo un'ampia riflessione di natura protologica in base alla quale viene messo in chiaro come il misto, che è il più esteso dei quattro generi in cui può essere organizzato tutto il reale e a cui appartiene l'intera sfera del divenire, risulti dall'azione degli altri tre: il limite, l'illimitato e la causa, la quale viene identificata con il nous e in ultima analisi con una intelligenza ordinatrice divina.

Dopo questa prima ampia digressione il dialogo ritorna a seguire il suo filo conduttore etico sviluppando una puntuale analisi dei differenti tipi di piacere e delle diverse forme di conoscenza, volta a determinare l'esatta composizione di quella mescolanza che costituisce l'ideale di vita buona per l'uomo. 
In particolare Socrate, dopo aver affrontato la questione dei piaceri falsi e dopo aver costretto Protarco ad ammetterne l'esistenza, si impegna in una critica radicale della identificazione edonistica fra bene e piacere, da cui emerge il primato dei piaceri puri, completamente sottratti al ciclo bisogno/soddisfazione e legati alle esperienze umane più elevate come per esempio la percezione delle forme matematiche.

Il dialogo, prima di concludersi con una sintetica esposizione dei beni necessari al conseguimento di una autentica vita buona, ordinati secondo una gerarchia che pur non escludendo i piaceri puri li confina al quinto posto, preceduti dalla sfera delle conoscenze, dal pensiero, dal bello e- primo nell'ordine- da "ciò che è nei pressi della misura", affronta ancora un tema che è evidentemente decisivo per la soluzione del problema e che risulta anche quello filosoficamente più rilevante: la determinazione della natura del bene. 
Anche in questo dialogo come già nella Repubblica Platone non affronta la questione in modo diretto ma sostiene, per bocca di Socrate, di voler individuare la "casa del bene", soffermandosi nei suoi vestiboli.
La natura e la potenza del bene vengono così al tempo stesso manifestate e nascoste attraverso la messa in chiaro di tre suoi differenti aspetti- il bello, la misura e la verità- che devono essergli attribuiti come a un che di unico; si ripropongono così, anche a questo livello, i problemi connessi alla dialettica dell'uno e dei molti.
l'unità del bene si manifesta per altro nel suo essere causa della giusta misura in ogni buona mescolanza, rendendo evidente come proprio la misura risulti essere la caratteristica decisiva.
La forte accentuazione di questa dimensione del bene come misura costituisce un chiaro rinvio alla riflessione protologica svolta in apertura, dove era stato sottolineato con forza il ruolo centrale del limite come causa di quella "generazione verso l'essere" rappresentata dal misto, ossia come causa dell'intera realtà principiata.
In virtù di questa stretta connessione fra dimensione ontologica e assiologica, il Filebo è uno dei dialoghi su cui hanno insistito gli interpreti legati alla " scuola di Tubinga", nel tentativo di accreditare un paradigma interpretativo basata sull'utilizzo delle testimonianze indirette relative alle cosiddette "dottrine non scritte".

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