Der Antichrist costituisce una lettura, a mio avviso fondamentale sia per chi si accosti per la prima volta al complesso pensiero nietzschiano, sia per chi ne voglia condurre un serio approfondimento.
Essendo stata scritta nel 1888, poco prima dello scatenarsi della follia di Nietzsche, quest'opera è l'espressione estrema della genialità del suo pensiero: su di essa spira l'aura magica e profetica di una mente che vive i suoi ultimi istanti di lucidità. Si tratta di un vero e proprio testamento filosofico, che Nietzsche elabora con toni polemici e rabbiosi.
Le parole di questo scritto echeggiano come un urlo graffiante ed impietoso contro ogni ipocrisia ed ogni genere di impostura morale. Sono dettate dalla precisa volontà di mettere a nudo le falsità del proprio tempo e di lasciare, con ciò, un segno nella storia, pur nell'amara consapevolezza di essere "postumo", depositario di idee fatalmente destinate al "dopodomani".
Nel terrore e nell'euforia del baratro, cui l'avanzare della malattia lo rinviavano, Nietzsche cominciò a rivedere tutto il suo cammino, cercando le tracce del proprio passaggio e preoccupandosi degli effetti storici che esso avrebbe prodotto. Ciò spiegherebbe perché, con il passare del tempo, Der Antichrist divenisse ai suoi occhi il compendio e il superamento di Der Wille zur Macht, scritto progettato e mai portato a termine, destinato a raccogliere e ad ordinare i suoi ultimi quaderni.
Tra le righe di Der Antichrist, innegabilmente, si celano le forme di uno stato d'animo tormentato, insieme ad un'insaziabile volontà di comunicare. Tuttavia, questo non deve essere considerato un motivo di inattendibilità. La "fase essoterica", come è stata definita l'ultima produzione nietzschiana, ci mostra in realtà il volto autentico e complessivo del pensiero di Nietzsche, fornendoci una preziosa chiave di lettura degli scritti precedenti.
Der Antichrist riprende e sviluppa, infatti, i temi principali della filosofia dell' autore in una sintesi coerente, guidata dalla feroce polemica con il cristianesimo. Ritorna, così, il tema dell'inattualità, già affrontato nelle quattro Unzeitgemasse, e quello della "decadenza", termine, quest'ultimo, usato per la prima volta da Nietzsche in Die der Tragodie per definire il platonismo e il socratismo, ovvero tutte quelle filosofie che cercano nella metafisica dell'essenza una sorta di rassicurazione.
Nel Der Antichrist, la "maledizione del cristianesimo", come recita il sottotitolo, rinvia ad una critica rivolta non tanto al messaggio cristiano in sé, quanto a ciò che nel cristianesimo vi è di "metafisicizzato", ossia trasposto su un piano che, puramente concettuale, si riduce in modo esclusivo al trascendente.
Illuminanti sono, a tal proposito, gli aforismi 16 e 17, in cui Nietzsche ripercorre, cristianamente, la storia del concetto cristiano di Dio: lungo questa storia si è passati, secondo Nietzsche, da un Dio inteso come gratitudine per sé stessi, ad un Dio visto come ideale, quindi in contrapposizione con al vita e la natura.
La corruzione e la decadenza del cristianesimo sono determinate, quindi, dalla riduzione del concetto di Dio ad essenza trascendente che, come tale, si contrappone alla vita e agli istinti che la affermano. In tal senso Nietzsche che il cristianesimo è nausea e disgusto per la vita, puro nicgilismo: in quanto negazione di tutto ciò che è naturale, terreno e vitale, esso rappresenta il dominio del nulla nel mondo. L'unica professione di fede dell'Anticristo è dunque l'antinichilismo, nella convinzione che la repressione del cristianesimo porterà alla distruzione del nichilismo.
Sotto questa luce va interpretata la stessa parola "Anticristo", che, come afferma Nietzsche in Ecce Homo, "è detta in senso greco e non solo in senso greco". Il termine greco antichristos, usato per la prima volta nelle epistole giovannee, sta infatti a indicare gli empi, i falsi cristiani che non si sottomettono alla Chiesa, in quanto non le riconoscono il valore di depositaria della fede e del mistero di Cristo. A tale significato, Nietzsche ne affianca un altro, di natura filosofica, rintracciabile proprio nella sua visione del cristianesimo come nichilismo, quindi nella sua idea dell'Anticristo come antinichilista.
Non è difficile cogliere nella figura dell'Anticristo l'avvento dell'istinto dionisiaco, descritto da Nietzsche in Die Geburt der Tragodie. L'incondizionata affermazione degli istinti vitali non è altro se non l'astatico perdersi nel flusso caotico della vita, senza riserve e distinzioni metafisiche di ogni sorta.
Tuttavia, rispetto al passato, in Der Antichrist Nietzsche compie un passo ulteriore, consistente nell'incarnazione dell'impulso dionisiaco, ovvero nella presenza, ora, di un soggetto, che è lo stesso Nietzsche.
Dietro l'impeto passionale di una tale personalizzazione delle antiche teorie, traspare anche l'immagine di Zarathustra. Il profeta della morte di Dio in Die Frohliche Wissenschaft riappare qui rievocato come una Cassandra dei tempi moderni. Zarathustra, analogamente all'Anticristo, annuncia la fine di Dio e dei valori sorti attorno alla sua concezione decadente. Predica una nuova morale al di là del bene e del male, oltre gli schemi morali, consolidati nella tradizione occidentale, che sottopongono la vita a un fine trascendente. Zarathustra nasce come anticipazione dell'Anticristo. Le sue profezie preparano il terreno alla guerra che l'Anticristo intende scatenare contro il cristianesimo.
Ma a che cosa deve condurre più precisamente questa guerra? L'annientamento del cristianesimo e dei suoi effetti nichilistici costituiscono solo la pars destruens dell'attacco di Nietzsche. L'obiettivo finale è l'istituzione di nuovi valori, questa volta vitali, e il rinnovamento generale della civiltà. Per usare una terminologia più propriamente nietzschiana, il fine ultimo dell'Anticristo è il predominio della volontà di potenza sull'insana debolezza dello spirito. La volontà di potenza è la volontà di vivere il tempo senza permettere che si affermi come pura successione naturale degli eventi: è un eterno si alla vita.
La volontà di potenza è in ultima analisi l'esatto opposto della volontà del nulla messa in circolazione dal cristianesimo. Zarathustra si ritira in solitudine non per estraniarsi dalla realtà, ma per meglio sprofondare in essa: l'Anticristo, come Zarathustra, rappresenta, da un lato, in termini filosofici, il tipo dell'autenticità, in contrasto con quello dell'inautenticità e, dall'altro lato, in termini storici, l'esito necessario di un preciso percorso storico dominato dal cristianesimo, il riscatto della civiltà decadente.
Considerato da entrambi i punti di vista, storico ed esistenziale, la figura dell'Anticristo nella visione di Nietzsche finisce per convergere paradossalmente con quella dello stesso Gesù. Quest'ultimo, interpretato alla luce delle letture di Dostojevskij e di Tolstoj, diventa per Nietzsche l'emblema dell'autenticità e, nel contempo, "il décadent più interessante". Gesù gli appare come l'idiota dostojevskijano, il puro di cuore, colui che si erge al di sopra del mondo senza cercare rifugio in una sfera platonica o metafisica. Il suo carattere genuino lo rende immune dalla morbosa tentazione, che sarà propria dei teologi cristiani, di odiare la realtà, di rimandare la vita alla sua eterna negazione.
La storia dell'intero cristianesimo nasce e si sviluppa sul fraintendimento del messaggio di Gesù. Per questo Nietzsche dichiara che in realtà è esistito un solo cristiano, morto sulla croce.
Contro l'istinto teologico e sotto l'influenza di David Strauss, Nietzsche considera il regno di Dio una condizione del cuore e la redenzione un fatto psicologico che insegna come vivere. Questa sua estrema visione del cristianesimo si inserisce nell'ambito di una dialettica esistenziale in cui il divino è un fatto puramente estetico che rifiuta il cammino teologico-metafisico. L'istinto dionisiaco assume i caratteri della sacralità in Gesù. Restituendo verità storica ed esistenziale alla figura del Nazareno si potrà, secondo Nietzsche, avere un nuovo umanesimo, espresso con il termine Uebermensch (oltreuomo), il superamento dell'umanità attuale.
Così Nietzsche colloca Gesù, Dioniso, Zarathustra e l'Anticristo nell'orizzonte della trasvalutazione di tutti i valori, al di là del proprio tempo verso un'esistenza autentica, in cui poter realizzare l'incantesimo infinito dell'affermazione della vita.
La storia dell'intero cristianesimo nasce e si sviluppa sul fraintendimento del messaggio di Gesù. Per questo Nietzsche dichiara che in realtà è esistito un solo cristiano, morto sulla croce.
Contro l'istinto teologico e sotto l'influenza di David Strauss, Nietzsche considera il regno di Dio una condizione del cuore e la redenzione un fatto psicologico che insegna come vivere. Questa sua estrema visione del cristianesimo si inserisce nell'ambito di una dialettica esistenziale in cui il divino è un fatto puramente estetico che rifiuta il cammino teologico-metafisico. L'istinto dionisiaco assume i caratteri della sacralità in Gesù. Restituendo verità storica ed esistenziale alla figura del Nazareno si potrà, secondo Nietzsche, avere un nuovo umanesimo, espresso con il termine Uebermensch (oltreuomo), il superamento dell'umanità attuale.
Così Nietzsche colloca Gesù, Dioniso, Zarathustra e l'Anticristo nell'orizzonte della trasvalutazione di tutti i valori, al di là del proprio tempo verso un'esistenza autentica, in cui poter realizzare l'incantesimo infinito dell'affermazione della vita.
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