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Buona lettura!
Maestro e allievo, Gorgia e Isocrate, reinterpretano il mito di Elena, la celeberrima e affascinante donna che tradì il marito Menelao con Paride e divenne causa della decennale guerra di Troia cantata da Omero.
La scagionano entrambi da ogni responsabilità. Questa comune riabilitazione appare tuttavia un dato di secondaria importanza. Essenziale è invece la conflittualità delle argomentazioni con le quali pervengono al medesimo verdetto assolutorio.
Un contrasto che è espressione dello scontro fra la cultura dei Sofisti, con il loro razionalismo integrale, la discussione e il dubbio elevati a strumento di progresso intellettuale, la polemica contro ogni certezza dogmatica, e la cultura di chi è all'opposto persuaso dell'universale valore e efficacia degli ideali elaborati dalla secolare civiltà storica greco-ateniese, di chi ha la coscienza della storia e della sua continuità, di chi crede nell'appello alle virtù dei progenitori e all'imitazione dei grandi antichi.
Gorgia e Isocrate forniscono certo al lettore l'opportunità di riflettere sul legame fra il modo d'intendere l'esistenza umana e l'educazione dei giovani, di ripensare alle implicazioni gnoseologiche che comporta l'uso della parola, di riconsiderare i limiti e le possibilità della ragione, di rivedere l'atteggiamento personale nei confronti dell'impegno civico e politico.
Al di là di tutto questo però, rimane valida una semplice avvertenza, vale a dire di non leggere i classici perché servano a qualcosa, ma per il semplice fatto che è meglio leggerli che non leggerli.
A Socrate veniva preparata la cicuta mentre si sforzava di imparare un'aria sul flauto.
"A che ti servirà?" gli fu chiesto. "A sapere quest'aria prima di morire".
Un contrasto che è espressione dello scontro fra la cultura dei Sofisti, con il loro razionalismo integrale, la discussione e il dubbio elevati a strumento di progresso intellettuale, la polemica contro ogni certezza dogmatica, e la cultura di chi è all'opposto persuaso dell'universale valore e efficacia degli ideali elaborati dalla secolare civiltà storica greco-ateniese, di chi ha la coscienza della storia e della sua continuità, di chi crede nell'appello alle virtù dei progenitori e all'imitazione dei grandi antichi.
Gorgia e Isocrate forniscono certo al lettore l'opportunità di riflettere sul legame fra il modo d'intendere l'esistenza umana e l'educazione dei giovani, di ripensare alle implicazioni gnoseologiche che comporta l'uso della parola, di riconsiderare i limiti e le possibilità della ragione, di rivedere l'atteggiamento personale nei confronti dell'impegno civico e politico.
Al di là di tutto questo però, rimane valida una semplice avvertenza, vale a dire di non leggere i classici perché servano a qualcosa, ma per il semplice fatto che è meglio leggerli che non leggerli.
A Socrate veniva preparata la cicuta mentre si sforzava di imparare un'aria sul flauto.
"A che ti servirà?" gli fu chiesto. "A sapere quest'aria prima di morire".
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