" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Appunti per la lettura dell'Encomio di Elena (1)

mercoledì 24 agosto 2011

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I miti greci, con le loro teogonie, cosmogonie, le loro lotte di dei e eroi, producono una visione rassicurante del mondo e della natura perché eliminano la paura umana nei confronti del caotico, inconoscibile, ininterpretabile magna del reale, assegnando a ciascuna divinità nome, potere, sfera d'azione determinata e permettendo per ciò stesso agli uomini di mettersi in contatto con essa.
Il termine greco mythos significa "parola", "racconto" e non si oppone originariamente a lògos che vuol dire analogamente "parola", "discorso" prima di designare la "ragione", "l'intelligenza".
Le cose cambiano con il V secolo a.C. quando la ricerca filosofica e l'indagine storica contrappongono mythos a lògos: allora mythos acquista una sfumatura negativa, diventa sinonimo di asserzione che non ha fondamento perché si appoggia a una dimostrazione attendibile o a una testimonianza inoppugnabile.
Pur così squalificato quanto a verità nel suo contrasto con il lògos, il mito continua però a riferirsi a realtà assai svariate senza fossilizzarsi su una precisa categoria di racconti che riguardino solo dei e eroi.
"Multiforme come Prometeo, esso designa una serie di realtà molto diverse: teogonie e cosmogonie, certo, ma anche favole di ogni tipo, genealogie, storielle infantili, proverbi, racconti edificanti, sentenze tradizionali; in breve tutti i "si dice" che si trasmettevano in modo quasi spontaneo dalla bocca all'orecchio" (Vernant).

Il mito diventa dunque espressione di quella potenza grande, sfuggente, inconoscibile, senza volto che si chiama Phéme, la Fama, diceria, voce, notizia, ma anche presagio, oracolo, profezia, predizione. E c'è un personaggio mitico il cui nome già contiene il funesto presagio del fatto che gli uomini non potranno mai più dimenticare le sue colpe: Elena di Troia. 
Il tragediografo Eschilo (525 circa-456 a.C.) fa dire al coro dell'Agamennone: "Chi fu che diede a colei tale nome, e così verace nome, se non un essere a noi occulto che, prevedendo il futuro, colse con la parola nel segno? Elena, la sposa di guerra, la donna della discordia! Elena, la sterminatrice di navi (helénas), di genti (hélandros), di città (heléptolis)".

Eschilo propone l'etimologia del nome Elena facendolo derivare da helèin, infinito aoristo forte del verbo hairéo che significa "prendere", "catturare", "distruggere". Il nome di Elena contiene dunque in sé un presagio di rovina, lutto, sangue, contese mortali: è lei la causa della decennale guerra di Troia. Questa è la phéme del nome di Elena, la parola rivelatrice del suo destino.
Che a questo passo eschileo si riferisca Gorgia quando, nel prologo del suo cosiddetto Encomio di Elena, parla della "fama del nome che è diventato simbolo di sventura"? Forse, ma quello che bisogna notare è che Gorgia vuole contraddire una tradizione poetico-letteraria pressoché concorde nel ritenere Elena responsabile della guerra di Troia per aver tradito il marito Menelao con il troiano Paride (chiamato anche Alessandro), vuole contrastare l'opinione comune del pubblico a lui contemporaneo che, sulla scorta dell'interpretazione mitica consueta, vede in Elena l'adultera scotennatrice di un orribile conflitto. E' una contesa che solletica l'orgoglio del sofista Gorgia: di fronte a lui non c'è un avversario, un re, ma c'è il mito omerico, il magistero spirituale di una folla di illustri uomini di cultura (i lirici Alceo, Stesicoro, Ibico, il tragediografo Eschilo, il commediografo Aristofane, lo storico Erodoto), l'immaginario collettivo del popolo greco. E' un confronto arduo, non c'è che dire, tanto più che Gorgia dice espressamente nel prologo di non voler solo smussare la responsabilità di Elena, alleggerire il carico e la violenza dell'accusa, ma di voler addirittura scagionare Elena da ogni colpa e far ricadere sui suoi detrattori la cattiva fama di cui la circondano.








Il mezzo con cui Gorgia intende riscattare Elena dalla sua triste nomea è l'argomentazione logica, la considerazione razionale, il lògos insomma. Con il lògos potrà ristabilire la verità e eliminare l'ignoranza, la stoltezza, la condizione di non conoscenza generalizzata che egli vede dominare i suoi contemporanei come i loro padri e i padri dei loro padri.
Sulla scorta di quanto si è detto più sopra, saremmo ragionevolmente autorizzati a affermare che in modo esplicito Gorgia sta qui contrapponendo lògos a mythos, inteso nella sua accezione peggiorativa, perché il primo prevalga, superi, scalzi il secondo, perché s'imponga quella che potremmo definire una secolarizzazione del dato mitico tradizionale. E' tuttavia un'interpretazione che non soddisfa appieno. Alcuni studiosi ritengono che sia tipico della mitologia greca un processo di laicizzazione di elementi religiosi orientali e mediterranei. 
L'aristocrazia delle stirpi indoeuropee che conquistarono la Grecia assorbì nella propria mitologia quanto più poteva della religione delle popolazioni mediterranee vinte. Riaffermò per altro la propria superiorità proiettandola nel vittorioso conflitto degli dei celesti dell'Olimpo, divinità indoeuropee, contro quelli terrestri e ctoni, divinità mediterranee, Questo processo di laicizzazione riguarda probabilmente anche la figura di Elena, interpretata dagli studiosi come ipostasi della Potnia mediterranea, dea della fertilità e della riproduzione i cui riti iniziatici vennero espressi dai Greci vincitori nel quadro di un episodio centrale della saga della loro guerra di conquista.




Il processo di umanizzazione, di razionalizzazione, di laicizzazione degli originari contenuti religiosi del mito di Elena è totalmente compiuto ai tempi di Gorgia, tanto che nel suo discorso il sofista appare indifferente a qualsiasi implicazione teologica.
Semmai si propone come l'iniziatore di un ulteriore processo di revisione del mito di Elena dove centrale è il problema gnoseologico, cioè vedere come l'uomo può arrivare all'atto conoscitivo e decidere della sua validità o meno. Non a caso Gorgia contrappone verità (to alethès) a ignoranza (amathìa) o alla doxa.




Fonte: "Encomio di Elena" Gribaudo Editore

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