" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

La nuova immagine di Platone

venerdì 12 agosto 2011

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A partire dai primi anni Sessanta ha preso corpo in Germania, a opera dei rappresentanti della scuola di Tubinga, una nuova tesi sulla filosofia platonica, secondo cui il nucleo del pensiero filosofico ateniese non andrebbe ricercato nell'opera scritta, cioè nei dialoghi, bensì nelle cosiddette "dottrine non scritte"; vale a dire in concezioni che Platone di proposito non avrebbe consegnato alla scrittura, ma comunicato direttamente a pochi allievi nell'ambito di un insegnamento orale.
La ragione di tale atteggiamento va ricercata, secondo i sostenitori di questo indirizzo, nelle affermazioni relative ai limiti della scrittura contenute nella parte conclusiva del Fedro. Qui Platone rimprovera alla scrittura l'assenza di controllo del destinatario, la conseguente incapacità di difendersi dal rischio che la dottrina comunicata attraverso di essa venga fraintesa dal lettore e infine l'intrinseca inadeguatezza rispetto al compito di formulare le teorie filosofiche più importanti.

Per tutte queste ragioni, all'opera scritta (i dialoghi) verrebbe assegnata una funzione introduttiva rispetto alle dottrine più importanti trattate sistematicamente solo in forma orale. Il contenuto delle "dottrine non scritte" ci è pervenuto grazie alla testimonianza di Aristotele e dei suoi commentatori antichi (Alessandro di Afrodisia e Simplicio). Da essi si può desumere che Platone concepì tutta la realtà (sensibile e intelligibile) come il prodotto dell'azione combinata di due principi supremi, l'Uno e la Diade indeterminata.
Il primo, che si identifica con l'idea del Bene, costituisce la causa di tutto ciò che è unitario, ordinato, identico e positivo, mentre la Diade rappresenta il principio della molteplicità e del disordine.
In questo modo, le idee non sono più l'istanza ontologica suprema, ma vengono "generate" da un principio di unità e da uno di molteplicità; e probabilmente proprio in base a tali principi Platone finì per identificarle con i numeri.
L'interpretazione della Scuola di Tubinga in Italia è stata difesa e sviluppata da G. Reale.

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