" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Ebook di filosofia: L'Etica Nicomachea di Aristotele

lunedì 14 marzo 2011

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Precisazione: nell'etica aristotelica non si può parlare di relativismo, ma di relazione alla situazione. 
Typos: non contorno, cornice, ma esempio.Si danno due tipi di definizione:
  • per criterio (concetto): distinzioni nette tra gli oggetti, che mirano a vedere a quale categoria concettuale appartengono.
  • per esempi: non si danno distinzione nette, ma si descrive tipologicamente l'oggetto per definirlo. Questo permette maggiore elasticità, ci si occupa anche di ciò che sta in mezzo a distinzioni concettuali nette.(ad es. una risposta evasiva è una bugia?). Nozione di paradigma (paradeigma): struttura tipologica che regola casi concreti, non è regola eterna e assoluta. (cfr Kuhm: anche la scienza procede per paradigmi).
Il procedere per esempi relativi a casi concreti è elemento costitutivo del metodo aristotelico. L'etica è ambito pratico, non può - non può - e non deve!- essere ridotta a conoscenza teorica astratta e formale; necessità di un sapere, non astratto, che si realizza nell'azione. Per questo motivo nell'etica non si può procedere per distinzioni concettuali, ma per esempi.
La ragione filosofica, non per suo difetto intrinseco, ma per aderenza alla situazione, non può pretendere in ogni ambito lo stesso grado di esattezza (di astrazione).
Non tutte le situazioni, quindi, possono essere applicati gli stessi principi, non in tutte le situazioni desideriamo le stesse cose. La situazione stessa è in continua evoluzione verso direzioni che non possiamo dominare e anche la nostra azione concorre al mutamento della situazione. In contesto dinamico, non serve una conoscenza teorica, ma una conoscenza pratica e acquisita praticamente.



Eudaimonia: felicità (cfr. tedesco: Gluckseligkeit- Gluck, anche fortuna, Seligkeit, beatitudine; inglese: happyness; francese: bonheur).La difficoltà di rendere, nella traduzione, la sua ampiezza di significato indica che si tratta di un concetto multiforme: il bene e la felicità si presentano in forme differenti rispetto alla situazione, al contesto.

Bios (vita): non è la vita in senso biologico (zoé), ma vita che contiene in sé la propria ragion d'essere, il proprio senso, vita come pienezza di essere.
Come definisce una vita buona?Cosa ha senso in sé? Aristotele individua diversi modelli di vita a cui corrispondono nozioni differenti di base e felicità. (Platone-> definizione oggettiva di bene; Aristotele-> definizione contestuale di bene).
vita politica
vita contemplativa
vita dedita al piacere
vita per la ricerca del denaro

Solo i primi due modelli di vita sono propri della natura umana, in quanto hanno che fare con la razionalità (la vita dedita al piacere non caratterizza la natura umana, è propria anche degli animali; la vita per il denaro non è fine in sé, in quanto il denaro è sempre mezzo per altri fini). La realizzazione di queste due primi modelli è fine in sè e, in tale senso, in essi si dà la possibilità della felicità.
Sembrerebbe esserci una contraddizione; la felicità è fine più alto, poiché fine in sé, ma essere fine in sè non è condizione sufficiente per valutare la bontà di un fine. La contraddizione è soltanto apparente. Nella struttura teleologica (telos=fine, scopo) di Aristotele si distinguono fini particolari, i quali sono parziali e vanno riconosciuti come tali, e fini generali che danno forma alla vita, ordinandola (es. il piacere è certamente parte importante della vita umana, quindi fine particolare, ma non può essere ciò che la struttura, che la ordina). Il fine generale è, quindi, da intendersi come l'armonizzazione dei fini particolari, e , per questo motivo, fine in se stesso.
la felicità è, quindi, armonia, logos, unione armonica di tutte le realtà e le prospettive della nostra vita (bisogni corporei, legami sociali, vita intellettuale, ecc...); è ciò che rende la vita umana una unità dotata di senso. In questo senso la felicità è un fine in sé. 
la felicità non è solo sentimento, ma è connessa alla ragione, viene colta dalla ragione intesa come logos.




La relazione fine-mezzo (fini che diventano mezzi per altri fini) non è da intendersi in senso di successione lineare, ma come  funzione, organizzazione funzionale all'interno di una rete complessa di relazioni (si tratta di un modello organicista: le parti di un organismo svolgono differenti funzioni le une in relazione alle altre).
La felicità come vita piena, senza alcuna mancanza, è da intendersi, quindi, come vita perfettamente organizzata, autosufficiente, quindi, in ultima istanza, perfettamente armonizzata; il sistema autosufficiente è quello armonico. L'autarkeia diventa il paradigma della felicità.
(si noti qui il procedere per esempi del metodo aristotelico: si descrive la situazione di autosufficienza e la si definisce come felicità).

Felicità come ergon (non opera, ma funzione): svolgimento e realizzazione, in base a una scelta volontaria, della funzione che ci è propria; non agire in maniera disordinata, ma secondo le nostre funzioni (compiti).La virtù è la capace di realizzare ciò che ci è proprio in maniera adeguata. (Qui troviamo anche l'eccezione di ergon come opera, nel senso del compimento delle proprie funzioni). La propria funzione è quella di essere perfettamente integrato nell'unità della propria vita, raggiungendo, così, la felicità. L'autosufficienza viene, perciò, intesa come saper svolgere bene la propria funzione nella situazione concreta. La felicità è dare forma compiuta a tutta la vita.

Il bene viene quindi definito come:
  1. avere forma di vita armonica
  2. attività pratica
  3. azione che si inserisce bel logos (armonia)
  4. svolgere/ realizzare bene la propria funzione
  5. agire secondo le nostre capacità e conoscenze


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