Sulla giustizia
La giustizia (dikaiosyne) è l'unica virtù alla quale viene dedicato un libro intero; già tradizionalmente era oggetto di trattazione privilegiata (cfr. Platone, Repubblica).
La giustizia è la virtù della relazione, ha dimensione politica, la relazione le è strumentale.
- Platone: nell'analisi della giustizia, il passaggio dall'individuale al collettivo (al politico) avviene poiché è più facile definire la giustizia relativamente all'ambito collettivo. E' meno accentuata la differenza qualitativa tra i due ambiti
- Aristotele: salto qualitativo tra dimensione individuale e dimensione politica (cfr. 1134a-b)
La giustizia non mira all'egualitarismo, ma a stabilire un equilibrio, una proporzione: ciò che a ciascuno sia dato in maniera equilibrata, senza che nulla sia tolto ad altri.
Come le altre virtù, anche la giustizia è capacità di individuare il giusto mezzo; tuttavia, l'individuazione del giusto mezzo nella politica è questione più complicata, poiché il giusto mezzo non va valutato solo in relazione alla situazione (come ad es. per il coraggio), ma relativamente alla situazione e agli altri. In altre parole, nella distribuzione equilibrata di beni si deve tenere conto sia dei beni da distribuire (incomparabili tra loro), sia di chi è a ricevere tali beni.
Nella distribuzione proporzionale dei beni si deve tenere conto dei beni esistenti e delle persone che li ricevono, mettendoli reciprocamente in relazione. Si dà luogo a una vera e propria equazione:
bene a : persona A uguale bene b : persona B
La giustizia non fonda soltanto l'agire politico, ma è virtù più ampia che riguarda la sfera dei rapporti inter-personali. La giustizia non ha rilevanza soltanto politica, ma anche sociale, si applica anche alle dimensioni sociali non strettamente politiche. Ad esempio anche nella stipulazione dei contratti (rapporti tra privati) o negli scambi commerciali ha rilevanza la giustizia: si dice giusto quel contratto o quello scambio commerciale che tende all'eguaglianza, alla proporzione delle parti (es. stabilire la giusta ricompensa per una prestazione, o il valore di scambio di un oggetto rispetto a un altro).
I rapporti sociali, pur differenziandosi della politica, hanno anch'essi un carattere politico: ad esempio la stipulazione di un contratto palesemente ingiusto ha valenza politica, poiché mina le condizioni sociali, è un'ingiustizia verso la società; anche se il contratto è stipulato da due soggetti consenzienti, si tratta di una relazione collettiva.
Aristotele riconosce una genialità della società: l'invenzione della moneta, che consente la misurabilità di beni tra loro diversi. Tuttavia, la moneta non è soltanto un sistema di calcolo, essa evidenzia un legame sociale fondato sulla fiducia. La moneta acquista un valore soltanto sulla base di una fiducia collettiva nel fatto che essa abbia un valore. In essa è presente un elemento morale: la fiducia in un patto collettivo.
Il reciproco fidarsi è costitutivo della società. In questo senso virtù politica e virtù sociale sono connesse: a entrambe è essenziale la relazione con altri, entrambe sono connesse alla moralità. Per questo la politica è definita come architettura della morale.
Che si abbiano bisogni e desideri e che altri possano soddisfarli è cosa naturale. La politica consiste nel considerare la collettività come luogo di soddisfacimento dei bisogni e desideri.
Nella trattazione della giustizia si vede come la filosofia aristotelica sia in grado di render conto dei diversi livelli della realtà (in questo caso: singolo, collettività, ecc...). Non è una filosofia dogmatica, ma descrittiva. In un certo senso, Aristotele può essere considerato come il creatore del nostro vocabolario filosofico, cioè ci ha fornito strumenti concettuali ( i termini, le descrizioni, ecc...) per comprendere la realtà nella sua complessità. Disponendo di poche categorie concettuali rigide si ha difficoltà a comprendere la realtà, invece un vocabolario ricco ci premette di differenziare la realtà. Un vocabolario povero impoverisce la nostra percezione e comprensione del reale (sapere il nome di una cosa significa conoscerla, distinguerla dalle altre cose). Vediamo ciò che il nostro vocabolario ci permette di vedere, di qui l'importanza della ricchezza del vocabolario aristotelico.
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