" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Primo capitolo

giovedì 24 marzo 2011

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Nel primo capitolo Scheler contestualizza la propria posizione rispetto ai due modelli etici fondamentali: Kant e Aristotele.
L'etica aristotelica è etica dei beni, degli scopi e della felicità. Essa è determinata dalla realizzazione di beni e scopi naturali e propri dell'uomo, i quali, una volta realizzati, producono la felicità.
Scheler, pur distanziandosi da Kant, ritiene legittima e acquisita la critica kantiana al modello aristotelico. In questo senso la critica scheleriana a Kant non intende essere un mero ritorno ad Aristotele.
Il punto su cui maggiormente si concentra la critica di Scheler è l'idea kantiana che l'unica via che garantisce l'universalità dell'etica sia rendere quest'ultima formale. Il presupposto sottaciuto di Kant è che tra bene e valore vi sia rapporto di astrazione: il valore è astrazione dal bene, anzi, per dirla meglio, il valore è astratto per astrazione dal bene.
Invece Scheler nota che noi parliamo di beni e valori in senso concreto (ad es. se dico "bene" non intendo l'idea platonica di bene, ma un possesso, qualcosa che possiedo concretamente). 
In questo senso l'etica dei valori trova la sua consistenza in qualcosa di concreto: i beni sono obiettivi concreti ai quali ci rivolgiamo. Tuttavia, come è possibile fondare un'etica su tali valori e beni concreti, senza incorrere nella critica kantiana di relativismo e soggettivismo? (la critica consiste nel fatto che il bene concreto è differente per ognuno, di qui l'accusa di relativismo e soggettivismo, che solo il formalismo può evitare).






Scheler intende, quindi, il valore non come astrazione del bene, ma come qualità originarie essenziali oggettivo- materiali e a priori conosciute attraverso una intuizione essenziale che è percezione affettiva o sentimento dei valori.
Spiego passo per passo tale definizione:
  • Qualità: un valore non è una sostanza, non ha una consistenza propria che gli permette di avere attributi accidentali, perché esso stesso è attribuito di una sostanza: non è la cosa, ma la qualità della cosa. (Si vuole mostrare come nel linguaggio spesso ricorriamo ai valori per attribuire qualità alle cose). Non è neanche una relazione, poiché altrimenti esso deriverebbe dalla comparazione di due beni differenti.
  • Originaria: posso attribuire alle cose diverse caratteristiche, ma la caratteristica di essere portatrice di valori ha una sua originaria configurazione, che non può essere ricavata da altre caratteristiche della cosa. Il giudizio di valore non si ricava dalla somma delle caratteristiche, ma lo percepisco in modo intuitivo e immediato. Il giudizio di valore è la percezione di una qualità originaria della cosa.
  • Essenziale: coglie l'elemento centrale della cosa, non elementi accidentali.

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