" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Primo capitolo

giovedì 24 marzo 2011

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Scheler distingue tra valore e bene.Tuttavia per comprendere appieno questa distinzione dobbiamo fare un passo indietro: il tentativo fenomenologico - si è detto - è quello di prendere atto e di valorizzare l'esperienza concreta, in modo da tornare alle cose stesse, cogliendone l'essenziale. In questo senso, quando faccio esperienza di una cosa (Sache) posso considerarla o come un semplice fatto (Ding), cioè un mero accadimento a cui non attribuisco nessun valore, oppure come un bene (Gut, plurale: Guten).
Considerare una cosa come un bene significa che il suo manifestarsi suscita in noi il sentimento di un valore, cioè nella cosa che consideriamo un bene cogliamo intuitivamente un valore (Wert), il quale è indipendente dagli elementi in cui esso si sostanzia (es. dopo anni ricordo che il libro era un bel libro, ma non ricordo gli elementi che mi hanno fatto dire che era un bel libro).
I beni sono, dunque, materiali, e sono portatori (Trager) di valori. Il valore è ciò che è portato nei beni. Nell'esperienza dei beni, i valori si presentano come reali (ad es. l'Amore esiste di per sé come idea, tuttavia nell'innamoramento il valore Amore diventa reale. Il bene dell'innamoramento è portatore del valore dell'Amore).




La distinzione tra beni e valori permette all'etica di non essere un giudizio su determinati beni (scongiurando, così, la minaccia di relativismo e di appiattimento sul fatto empirico), bensì un sapere che, orientandosi sui valori, è in grado di criticare i beni come portatori inadeguati di valori.
In altre parole, noi motiviamo la scelta di un determinato bene in base a un valore, ma possono esserci beni inadeguati a portare un certo valore. La distinzione bene/valore permette, quindi, di criticare quei beni che non sono adeguati a sorreggere un determinato impianto di valori (es. fare un'ora di volontariato all'anno non è un bene in grado di portare, cioè di sorreggere, il valore dell'aiuto del prossimo).
  • Oggettive: la distinzione beni/valori consente anche di pensare il valore come concreto e non astratto. Si può, così, fondare una determinazione oggettiva dei valori. In questo modo il pluralismo riguarda soltanto i beni e non i valori, che sono sempre determinati e oggettivi. E', dunque, possibile tracciare una tavola di valori oggettivi e, perciò, universali.
  • Materiali: i valori non sono forme prive di contenuto (come in Kant), ma sono materia di intuizione (Cfr. il titolo Materiale Ethik, in tedesco "materiale" si può dire sia materiale sia materiell. Tuttavia il secondo significa materiale in senso concreto, cioè "fatto di materia" e non "materia di intuizione").In Kant è la forma del giudizio che determina ciò che è bene e ciò che è male; la materia è irrilevante, ciò che conta è soltanto l'intenzione che guida la scelta. In Scheler invece è il contrario; prendiamo ad esempio la generosità: essa non è un modo di comportarsi senza contenuto, bensì impone un contenuto. Il valore della generosità è quindi sempre incarnato in un bene. I valori sono ideali, ma sempre incarnati in un bene. Son o ideali, ma esistono solo concretizzati in un bene portatore di valore. In questo senso il valore ha un contenuto materiale.
  • A priori: i valori sono a priori in quanto sono indipendenti da ogni realizzazione empirica e valgono per ogni possibile loro realizzazione empirica. Infatti, ciò che è a priori si applica a qualsiasi contenuto possibile (banalmente: 2+2=4 è vero sia che si contino mele, pere, o qualsiasi altro oggetto). Tuttavia, Scheler - ricordiamolo ancora una volta - non accetta la visione kantiana che unisce a priori e formale, promuovendo un a priori materiale. In questo senso, ciò che è a priori è esperito soltanto a partire da un'esperienza esistenziale e, una volta esperito, viene acquisito indipendentemente dal verificarsi di ulteriori esperienze. (ad es. se non ci fosse stata l'esperienza della giustizia non avremmo il valore della giustizia. Ma una volta esperita, non importa se non viene più esperita in nessun altro bene, essa continua a rimanere un valore).
  • Percezione affettiva dei valori: il valore è percezione sensibile, cioè sentimento. Un valore è definito tale a partire dall'esperienza che si dà alla coscienza. Ad esempio il dolore suscita sentimenti di sgomento, paura o espiazione. Il dolore è suscettibile di essere portatore di valore, ma per avere valore serve un'intuizione sensibile.
  • Scheler si richiama a S. Agostino e Pascal. In particolare le "ragioni del cuore" di Pascal indicano una percezione affettiva dotata di una propria logica. Non si contrappongono ragione e sentimento, ma si rileva che anche il sentimento ha una sua propria razionalità. Il sentimento diventa un atto attraverso cui connoto positivamente o meno una cosa. In questo senso il valore è un'intuizione che coinvolge la dimensione affettivo- sentimentale. Ci sono dimensioni che non sono direttamente accessibili all'intelletto puro (logico), e una di queste è, appunto l'etica: i valori si sentono tramite un sentire indirizzato ( intentionales Fuhlen), cioè un sentire che ha un proprio oggetto. Un sentimento è un sentire diretto verso un oggetto, che coinvolge l'intera sfera dell'umano (non si tratta di un sentimento vago). Un valore è qualcosa che cogliamo con "anima e corpo", esso ci coinvolge e appassiona. Senza passione non si dà vera comprensione, non si coglie il Senso. Gli stessi fenomeni non sono soltanto delle cose, ma l'esperienza delle cose. Nell'esperienza c'è anche la mia relazione con l'esperienza stessa. Il tentativo scheleriano è quello di cogliere l'esperienza nella sua complessità di livelli: in una cosa (Ding) vedo un bene (Gut) che è portatore di un valore (Wert) che mi coinvolge emotivamente.

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