" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Valore e piacere

venerdì 25 marzo 2011

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Torniamo a Kant: è critico nei confronti del piacere, ma non nei confronti della felicità, sebbene il piacere ne faccia parte. Il piacere è sempre inclinazione sensibile e la morale deve correggere tale inclinazione umana a ricercare il piacere.
La posizione scheleriana riguardo il piacere è analoga - si è già detto - a quella riguardo l'utile. Tuttavia essa necessita di ulteriori approfondimenti. Il bene non può identificarsi con il piacere, poiché il piacere è sempre relazione, mentre il valore è assoluto (cfr. definizione di valore). Il piacere è una relazione gradevole tra me e un dato. Il valore non è relazione, ma fondamento di una relazione e, quindi, anche fondamento della possibilità del piacere.

Dietro quest'impostazione c'è il tentativo, da parte di Scheler, di recuperare l'eudaimonia aristotelica, cioè quella concezione di un uomo integrale che è assieme virtù, felicità e piacere. In questo si nota come l'antropologia scheleriana differisca a quella di Kant (di stampo pietistico): l'uomo per natura non tende al piacere (Kant), ma al valore, cioè vi è un orientamento assiologico dell'uomo che lo fa tendere al valore, dopodiché il valore può anche essere fondamento del piacere.




Questa concezione antropologica è sostenuta da esperienze fenomenologiche che ci mostrano la sconnessione tra il sentire e il piacere. Con un esempio piuttosto macabro, ma efficace: provo un senso di nausea e disgusto al pensiero di mangiare carne umana, ma ciò non toglie che potrei provar piacere quando effettivamente la mangiassi. Questo mostra come il mio orientamento verso l'oggetto non sia motivato dal piacere, ma da un valore.
Esempio ulteriore riguarda la vergogna: essa non si riduce al mero principio utilitaristico di vergognarsi di compiere ciò che gli altri ritengono essere disdicevole, altrimenti il bambino, incoraggiato dai genitori, non si vergognerebbe di fare ciò che questi gli chiedono. Questo dimostra come il sentire, in questo caso, non sia fondato sul criterio dell'utile.
Riassumendo: la percezione del valore non si fonda né sul piacere né sull'utile, ma su un sentire orientato al valore stesso che ci permette di averne intuizione.
Si noti come l'argomentazione di Scheler sia prettamente fenomenologica, cioè condotta prendendo in esame fatti concreti che mostrano la presenza di un orientamento assiologico nell'uomo, cioè l'intuizione diretta di un valore non determinata dall'utile, dal piacere o dal contrasto con essi (banalizzando un poco Kant: è morale ciò che contrasta il piacere).

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