" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Gadamer (parte 2)

lunedì 18 aprile 2011

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La prima parte di Verità e metodo è insieme una critica della coscienza estetica e un'analisi ontologica dell'opera d'arte. Si tratta di una critica nei confronti delle tendenze prevalenti dell'estetica moderna e contemporanea, solidale con l'esperienza che la società moderna fa dell'arte, ossia con l'idea che l'opera d'arte appartenga, in contrapposizione alla verità scientifica, all'apparenza, sia cioè un'esperienza del soggetto che non incide sulla conoscenza scientifica della realtà, sulla verità dell'esperienza. L'arte in questa prospettiva è solo bella apparenza, regno ideale di cui il museo rappresenta la forma pubblica di espressione. 
La coscienza moderna dà un posto all'arte, collocandola in una posizione irreale. Tutto ciò si accompagna per Gadamer alla retorica dell'artista sradicato dal mondo, del "genio", dell'eccezione secondo la visione romantica.







L'arte va pensata invece nella sua relazione con la realtà, come una forma di esperienza, di conoscenza, come un modo di auto-comprensione: in ciò Gadamer riprende Hegel, sebbene lo critichi per non aver determinato in modo adeguato la specificità dell'arte, il cui contenuto appare essere lo stesso di religione e filosofia.
L'arte è dunque un'esperienza di verità. Per analizzare la sua specificità Gadamer usa, tra l'altro la nozione di "gioco" (Spiel): non siamo tanto noi a giocare, quanto è il gioco che ci gioca, noi partecipiamo alla logica del gioco, stiamo al gioco, altrimenti questo non funziona. L'intero ha qui una certa precedenza sul nostro contributo.
Come nel gioco, anche nell'esperienza artistica si ha un coinvolgimento, un accadere che sfugge all'intenzionalità cosciente dei partecipanti, implicante il primato di ciò che accade o si rappresenta rispetto alla coscienza del giocatore o dello spettatore.








L'arte tende poi ad "autorappresentarsi", è rivolta a uno spettatore ed è una "trasmutazione in forma", in una struttura. L'arte è cioè mimesis, non nel senso di riproduzione o copia, ma del rapporto che intrattiene con il vero: lo imita trasmutandolo in forma, dandogli una configurazione che lo offre come articolato in struttura. Quei caratteri alla luce dei quali l'opera si distingue dal mondo quotidiano e appare come irreale, cioè la perfezione della forma, la sua conchiusività e definitezza, lungi dal rappresentare un elemento di irrealtà sono il segno che, nell'opera, la realtà si presenta con una verità che non possiede nell'esperienza comune.
"Trasmutazione in forma è trasferimento del reale sul piano della verità": l'opera è più vera della realtà proprio in quanto è Gebilde, una forma-immagine, struttura compiuta e conchiusa, liberata dalla causalità e dall'indefinitezza che caratterizza l'esperienza quotidiana.

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