Uno dei modi più naturali di interpretare la storia del pensiero è quella di dire che i pensatori affrontano gli stessi problemi, danno tutti delle risposte a delle eterne domande. E' come se la storia fosse una "grande conversazione" (Rorty) in cui i grandi autori del passato dialogano intorno agli stessi problemi.
Il punto di vista di Skinner è esattamente l'opposto, cioè non esistono eterni problemi e eterne domande ma ogni discorso è storicamente individuale; cioè è calato in un contesto che è storicamente individuale/individuato.
Noi studiamo i testi per la loro individualità storica.
Secondo Skinner l'idea di una grande conversazione che si sviluppa a cavallo dei secoli è sbagliata, è una finzione e non ha un significato storico reale ma solo un significato immaginario.
La storia, asserisce Skinner, non è una lezione basata sull'identità o somiglianza fra persone e passato ma è una lezione sulla diversità tra noi e gli altri, diversità che ci aiuta a comprendere la contingenza della nostra civiltà. Studiando la storia compiamo che la nostra civiltà non è l'unico modo per organizzare la vita degli uomini; ma altri uomini hanno costruito la loro civiltà con regole, comportamenti diversi dai nostri.
La storia è anche lezione di libertà cioè noi siamo liberi di fare/costruire la nostra storia/società in modo diverso da come si presenta; così come altri popoli/civiltà si sono organizzati in modo diverso rispetto a noi.
La storia è principalmente una lezione di diversità, contingenza, libertà e di responsabilità perché dove c'è libertà c'è responsabilità.
A questo punto, Skinner, fa riferimento a Karl Popper che ha scritto un libro intitolato "La società aperta e i suoi nemici". La società aperta è la società liberale, democratica opposta ai suoi nemici: totalitarismo.
Skinner asserisce che studiare la storia come la presenta lui è un modo per difendere la società aperta, cioè per mantenere la nostra società aperta a opzioni, alternative, soluzioni rispetto a quelle che per noi sono abituali.
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