" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Melisso: le proprietà dell'essere

mercoledì 1 giugno 2011

| | |






Diversamente dal maestro Parmenide, Melisso scrisse in prosa, ma non si limitò a difendere le tesi del maestro, come aveva fatto Zenone, bensì introdusse alcune modificazioni, in particolare l'attribuzione dell'eternità e dell'infinità dell'essere.
Dal punto di vista dell'argomentazione, egli ripercorse la via aperta da Parmenide e seguita da Zenone, consistente nella deduzione di conseguenze di premesse, e anche in Melisso ritroviamo lo stesso uso ripetuto della dimostrazione per assurdo.
Un aspetto che occorre sottolineare è la negazione nell'ambito dell'essere della possibilità di provare dolore. Ciò dipende per Melisso dal fatto che l'essere è uno, mentre il subire dolore è incompatibile con l'unità e richiede una molteplicità.
La filosofia eleatica, con i suoi divieti concettuali e linguistici, creava serie difficoltà per le indagini naturali, che intendevano riconoscere realtà alla molteplicità degli enti e al movimento.
In particolare, lo scritto di Melisso metteva in dubbio la consistenza logica di un evento come il dolore, che è al centro delle preoccupazioni della medicina.
Non è un caso che l'autore di uno scritto medico intitolato La natura dell'uomo interpreterà la posizione di Melisso e quelle dei medici che formulavano teorie monistiche della natura dell'uomo, il più grave ostacolo per l'elaborazione di una teoria e di una pratica medica corrette.









Sempre era ciò che era e sempre sarà. Infatti se fosse nato è necessario che prima di nascere non fosse nulla. Ora, se non era nulla, in nessun modo nulla avrebbe potuto nascere dal nulla (fr. 1).

Dal momento dunque che non è nato ed è e sempre era e sempre sarà così anche non ha principio né fine, ma è infinito. Perché se fosse nato avrebbe un principio (a un certo punto infatti avrebbe cominciato a nascere) e un termine ( a un certo punto infatti avrebbe terminato di nascere); ma dal momento che non ha né cominciato né terminato e sempre era e sempre sarà, non ha né principio né termine. Non è infatti possibile che sempre sia ciò che non esiste tutt'intiero (fr. 2).

Se infatti è infinito deve essere uno: perché se fosse due, i due non potrebbero essere infiniti, ma l'uno avrebbe limite nell'altro (fr.6).

In questo modo dunque è eterno e infinito e uno e uguale tutto quanto. E non  può perire né diventare maggiore né mutare disposizione, né soffre né prova pensa. Perché se fosse soggetto a qualcuna di queste cose, non sarebbe più uno. Infatti, se si trasforma, necessariamente non è uguale, ma deve perire ciò che prima era e ciò che non è deve nascere.
Ora, se in diecimila anni dovesse trasformarsi di un solo capello, in tutta la durata dei tempi deve andar distrutto totalmente. ma neppure che muti disposizione è possibile: infatti la disposizione che c'era prima non perisce e quella che non c'è non nasce.
Ma dal momento che nulla né si aggiunge né perisce né diventa diverso, come potrebbe alcunché mutare disposizione? Difatti se una cosa diventasse diversa con ciò sarebbe già mutata la disposizione. Neppure prova sofferenza: perché non potrebbe essere tutto se soffrisse; infatti non potrebbe esistere sempre una cosa che soffre e neppure ha una forza pari a una cosa sana.
Neppure sarebbe uguale, se soffrisse; infatti soffrirebbe o perché qualcosa viene a mancare o perché qualcosa sopravviene: e in questo modo non sarebbe più uguale.
Neppure potrebbe ciò che è sano provar sofferenza: perché perirebbe ciò che è sano e ciò che è, ciò che non è nascerebbe.
Ancora, per il provar pena vale la stessa dimostrazione che per il soffrire. E non c'è vuoto alcuno: perché il vuoto non è nulla: dunque non può esistere ciò che appunto non è nulla. Neanche si muove, perché non ha luogo ove subentrare, ma è pieno.
Giacché se ci fosse il vuoto subentrerebbe nel vuoto: non essendoci il vuoto non ha dove subentrare. Non può essere denso, ma il rado, appunto perché rado, è più vuoto del pieno.
Questa è la distinzione che bisogna fra tra pieno e non pieno; se qualcosa fa luogo e dà ricetto, non è piena, se né fa luogo né da ricetto, è piena.
Cosicché è necessario che sia pieno se il vuoto non c'è.
Se dunque è pieno non si muove (fr.7).

0 commenti:

Posta un commento

Forum filosofico

Mettiti alla prova con il quiz filosofico

Indovinate le opere dei filosofi!!

Indovinate che filosofi sono!

Costruite il simbolo della filosofia!

Puzzle filosofico

Puzzle di Nietzsche!

Il puzzle di Schopenhauer!

Puzzle di un dipinto filosofico!

Il puzzle di un aforisma