In continuità con una linea di interesse che attraversa l'illuminismo e manifesta il suo ampio snodo nell'Ottocento (Schelling, Hegel, Schopenhauer, Kierkegaard), le filosofie del Novecento si concentrano sulla natura essenzialmente temporale ed ante-predicativa della musica, considerata in molti casi come un linguaggio autonomo, più autentico e originario nell'evidenziare il suo legame con l'esperienza, ovvero come l'esempio di un pensiero senza immagine. La panoramica può essere delineata sulla base di alcuni principali modelli teorici.
a) il pensiero dialettico. Assorbendo le tematiche dell'espressionismo, in Geist der Utopie (1918-23) Ernst Bloch privilegia l'esperienza dell'ascolto nel formulare l'ipotesi di una temporalità utopica fondata sulla relazione di soggetto/oggetto, spingendosi fino al disegno di una filosofia della storia della musica. Con analoga aspirazione, a partire dalla crisi della forma registrata in Beethoven, Theodor Wiesengrund Adorno indaga gli sviluppi della modernità nella contrapposizione enfatica di Schonberg e Stravinskij, formulando un modello interpretativo che integra l'analisi tecnica con una lettura storico-sociale mirata, hegelianamente, a "esprimere il rapporto della cosa con la verità".
La musica viene riportata così al movimento di uno spirito oggettivo storicamente condizionato e "sedimentato nei materiali", sollecitando un'approfondita analisi delle componenti del linguaggio che, a prescindere dalle forzature analogiche, sorregge i risultati dello sforzo ermeneutico.
Fonte: Storia della filosofia e dizionario di filosofia di N.A.
1 commenti:
c'è un problema filosofico non risolto a proposito delle opere musicali:
esse hanno oppure non hanno una semantica?
se non hanno una semantica diventa problematico parlare della musica come di un "Linguaggio".
Forse non ha una semantica, ma una sintassi certamente?!
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