La dottrina della musica come scienza dell'armonia e dell'armonia come ordine divino del cosmo è nata con i Pitagorici.
"I Pitagorici, che Platone segue spesso, dicono che la musica è armonia dei contrari e unificazione dei molti e accordo dei discordanti".
La funzione e i caratteri dell'armonia musicale sono gli stessi che la funzione e i caratteri dell'armonia cosmica: la musica è perciò il mezzo diretto per elevarsi alla conoscenza di questa armonia.
Platone pertanto includeva la musica fra le scienze propedeutiche al quarto posto (dopo l'aritmetica, la geometria piana e solida e l'astronomia) e quindi la considerava la più vicina alla dialettica e la più filosofica.
Come scienza autentica tuttavia la musica non consiste, secondo Platone, nel cercare con l'orecchio nuovi accordi sugli strumenti: in questo modo si anteporrebbero gli orecchi all'intelligenza.
Coloro che così fanno "si regolano come gli astronomi perché cercano i numeri negli accordi accessibili all'udito ma non risalgono ai problemi, non indagano quali numeri siano armonici e quali no e donde venga la loro differenza".
Per questa possibilità di passare dai ritmi sensibili all'armonia intelligibile, la musica è ritenuta da Plotino una delle vie per ascendere a Dio.
"Dopo la sonorità, i ritmi e le figure percepibili dai sensi, egli dice, il musico deve prescindere dalla materia nella quale si realizzano gli accordi e le proporzioni e attingere la bellezza di essi in se stessi.
Deve apprendere che le cose lo esaltavano sono entità intelligibili: tale è infatti l'armonia: la bellezza che è in essa è la bellezza assoluta, non quella particolare.
Per questo, egli deve servirsi di ragionamenti filosofici che lo conducono a credere a cosa che aveva in sé senza saperlo".
Fonte: Storia della filosofia, dizionario di filosofia di N.A
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