" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

La morale kantiana

lunedì 21 marzo 2011

| | |




La riflessione morale kantiana introduce un nuovo paradigma teorico (etica del dovere) e, alla luce del metodo contrastivo, tale modello si pone in alternativa all'etica aristotelica (etica della felicità). L'opera maggiore di Kant (1724-1804) è senza dubbio "La critica della ragion pura" (1781), non è uno scritto di argomento morale! La struttura della Critica della ragion pratica (dove la questione morale trova la sua trattazione sistematica) viene modellata sulla struttura della Critica della ragion pura.


 Opere morali

"Fondazione della metafisica dei costumi" (1785)
"Critica della ragion pratica" (1788)
"Metafisica dei costumi" (1797)


Premesse della morale kantiana


Espongo in breve le ragioni che hanno determinato il mutamento del paradigma tradizionale (aristotelico) in merito alla riflessione morale, una breve digressione che ci consentirà di comprendere appieno la costituzione della morale kantiana.
In Aristotele emerge un approccio positivo nell'affrontare il tema etico: la virtù è "misura", a misura della nostra esistenza. Si tratta di un approccio positivo di tipo naturalistico e finalistico. Al paradigma aristotelico si contrappone una concezione propria della tradizione ebraico-cristiana e, com'è noto, fondata sul mitologema del peccato originale.




a) Peccato originale: la nostra ricezione del mito (rappresentazione immaginifica) del peccato originale è in genere di matrice giuridica: di chi è la colpa (Adamo o Eva)?
Quali sono le conseguenze? Tuttavia, l'istanza giuridica ci preclude di cogliere il vero senso del racconto della Genesi. Il problema posto dal mito non è né giuridico né morale: l'uomo (creato da Dio) diviene a sua volta creatore della vita e della morte insieme. Nel momento in cui l'uomo avverte la propria capacità di generare (in principio la sessualità è disgiunta dalla generatività), non solo comprende di essere partecipe della natura divina (eternità), ma al tempo stesso è lacerato dalla drammatica consapevolezza di essere finito e di generare esseri finiti. L'uomo diviene consapevole di generare insieme alla vita la morte, la vita è correlata fin dal suo sorgere alla morte.
b) Nella storia della civiltà cristiana (in particolare durante l'età medioevale) da una parte si assiste all'imporsi di una fase largamente platonica, istanza che favorisce una religione dualistica (carne-spirito; bene-male); dall'altra non possiamo ignorare l'influenza esercitata dal magistero aristotelico sul pensiero scolastico (es. Tommaso d'Aquino).
Il concorso di tradizioni di pensiero eterogenee configura una commistione di cristianesimo, platonismo e aristotelismo. Nel dibattito filosofico di età rinascimentale, invece, sotto l'influenza di Aristotele, si approda all'idea dell'uomo quale misura del mondo: la virtù come capacità di dare ordine al mondo.





c) Dopo il Rinascimento matura una concezione sempre più individualistica dell'uomo. Cartesio inaugura il principiare della modernità: il soggetto individuale ha il compito di mettere ordine nel mondo (in Aristotele abbiamo una concezione collettivistica). L'individuo, agli albori della modernità, assurge a misura assoluta. Quanto più cresce il senso della propria individualità, tanto più si esige una morale universale e comune all'intera umanità: l'individualismo introduce il particolarismo. Il bisogno di una morale universale non si dà in Aristotele; infatti, nel pensiero aristotelico tutti gli uomini tendono per natura alla felicità, ovvero l'universalità esistente è inscritta naturalmente nell'umanità.

0 commenti:

Posta un commento

Forum filosofico

Mettiti alla prova con il quiz filosofico

Indovinate le opere dei filosofi!!

Indovinate che filosofi sono!

Costruite il simbolo della filosofia!

Puzzle filosofico

Puzzle di Nietzsche!

Il puzzle di Schopenhauer!

Puzzle di un dipinto filosofico!

Il puzzle di un aforisma