" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Morale kantiana

lunedì 21 marzo 2011

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L'uomo conosce quando si applica a un materiale: l'oggetto non è la cosa in sé (Ding an sich= cosa in sé), ma ciò che viene da noi percepito attraverso l'intuizione empirica, detto altrimenti fenomeno. Kant supera il dualismo tradizionale soggetto-oggetto nell'unità del processo conoscitivo: da un lato l'oggetto è tale solo nell'atto di essere conosciuto, dall'altro il soggetto è tale solo nell'atto di conoscere (applicazione delle categorie all'oggetto). La conoscenza è un fatto interno al rapporto soggetto-oggetto; il soggetto (ricordo che non abbiamo una conoscenza diretta del soggetto, trattiamo dell'io come semplice funzione trascendentale del conoscere, non dell'io come complessa realtà psicologica) ha la funzione di unificare l'esperienza attraverso la sintesi, Kant parla di soggettività trascendentale.



Possiamo conoscere soltanto a condizione che vi sia un oggetto possibile della nostra esperienza. La garanzia del conoscere alberga entro i limiti imposti al suo processo di costituzione. La ragione vorrebbe prescindere dai limiti che le vengono imposti, ovvero andare oltre il limite dell'esperienza possibile, a tal proposito celebre è l'esempio della colomba che pretende di volare senza valersi della resistenza dell'aria. L'esperienza dei fenomeni è una condizione della conoscenza, ma la ragione avanza l'esigenza di conoscere in modo incondizionato, ossia di conoscere realtà non sperimentabili. La Dialettica trascendentale dimostra che l'uso incondizionato della ragione la conduce a contraddirsi.





La critica kantiana della ragione non si limita al solo aspetto teoretico-conoscitivo, bensì si occupa anche della ragione nel suo esercizio pratico-morale. Kant vuole individuare un luogo in cui l'esercizio della ragione sia avulso da elementi empirici e particolari: questo ambito è il terreno etico, dove la ragione è immediatamente volontà. Si palesa così il caso di una causalità secondo libertà ( in contrapposizione alla causalità del mondo naturale intesa come determinazione). La morale si occupa di leggi ed è universale: viene avanzata la tesi di una legge etica incondizionata, libera dalle determinazioni particolari e contingenti della sensibilità. L'esistenza di una legge morale a priori rappresenta un fatto indubitabile della ragione, che dev'essere constatato e non dedotto da precedenti dati della ragione stessa. La ragion (pura) pratica non ha bisogno della giustificazione della sua applicabilità, essa determina la volontà, ovvero se stessa (è la ragione che si esercita nell'essere attivo).





La morale è da sé sola sufficiente a determinare la volontà. Nell'ambito dell'azione dobbiamo partire dalla ragione (in grado di determinare se stessa); infatti sul piano morale la ragione è suprema legislatrice, cioè la ragione dà legge a se stessa (incondizionatezza o assolutezza della legge morale), non la ricava dall'esterno: la ragione è libera nel volere ciò che vuole, ne segue la libertà dell'agire, la validità universale e necessaria della legge. In tal senso possiamo definire autonoma la morale kantiana (che trae la legge da se stessa), difforme per sua stessa definizione dalla morale contenutistica ed eteronoma (che pone il fondamento del dovere in forze esterne alla ragione umana). La morale eteronoma fa scaturire la morale da principi materiali, mentre la morale autonoma scaturisce dalla pura forma dell'imperativo categorico.
Pertanto la ragione determina liberamente la volontà e nessuna costrizione esterna può privarla della sua libertà (in linea di principio). La ragione si erge a legislatrice della morale: l'uomo è norma a se stesso.

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