" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Zenone: la difesa del maestro Parmenide

martedì 31 maggio 2011

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Non possediamo frammenti di Zenone, contenenti le sue argomentazioni contro il movimento. Per una esposizione di esse siamo debitori verso la Fisica di Aristotele.
Abbiamo invece un frammento, citato da Simplicio, nel suo commento alla Fisica di Aristotele, contenente un'argomentazione di Zenone contro la molteplicità.
Diversamente dal maestro, Zenone scrisse in prosa, con uno stile essenziale, nel quale le proposizioni si susseguono l'una all'altra senza divagazioni o amplificazioni.
La procedura argomentativa è quella che abbiamo già trovato applicata da Parmenide: la dimostrazione per assurdo.
Per dimostrare la validità della tesi dell'unicità e immobilità dell'essere, si assumono come premesse le tesi della molteplicità e della mobilità e si deducono le conseguenze assurde che ne derivano: se non -x è falso, sarà vero x.
Un presupposto generale impiegato ripetutamente da Zenone negli argomenti contro il movimento è la divisibilità all'infinito di grandezze continue, come lo spazio e il tempo.
Nell'argomento contro la molteplicità, questo stesso presupposto è applicato anche all'ambito degli enti considerati sul piano numerico.
Qui la non molteplicità degli enti è però ricavata dal numero finito; la seconda che, se gli enti sono molti, sono di numero infinito.
Ma una stessa cosa non può essere finita e infinita nello stesso tempo.






Quattro sono gli argomenti di Zenone intorno al movimento che offrono difficoltà di soluzione. Primo, quello sulla inesistenza del movimento per la ragione che il mosso deve giungere prima alla metà che non al termine....
Secondo è l'argomento detto Achille. Questo sostiene che il più lento non sarà mai raggiunto nella sua corsa dal più veloce. Infatti è necessario che chi insegue giunga in precedenza là dove si mosse chi fugge, di modo che necessariamente il più lento avrà sempre un qualche vantaggio. Questo ragionamento è lo stesso di quello della dicotomia, ma ne differisce per il fatto che la grandezza successivamente assunta non viene divisa per due.
Dunque il ragionamento ha per conseguenza che il più lento non viene raggiunto ed ha lo stesso fondamento della dicotomia (nell'un ragionamento e nell'altro infatti la conseguenza è che non si arriva al termine, divisa che si sia in qualche modo la grandezza data; ma c'è di più nel secondo che la cosa non può essere realizzata neppure dal più veloce corridore immaginato drammaticamente nell'inseguimento del più lento), di modo che la soluzione sarà, per forza, la stessa.







Se gli enti sono molti è necessario che siano tanti quanti sono e non più né di meno.
Ma se sono tanti quanti sono saranno limitati.
Se gli enti sono molti sono infiniti: sempre infatti in mezzo agli enti ve ne sono altri e in mezzo a questi di nuovo degli altri.
E in tal modo gli enti sono infiniti.




I testi pervenutici di Parmenide non ci consentono di affermare che egli identificasse l'essere, di cui egli parla, con una entità precisa, per esempio con la natura o il mondo nel suo insieme o con la divinità.
La tendenza a identificarlo con la natura è invece reperibile in un altro dei suoi discepoli, Melisso, che, a differenza del maestro, insiste soprattutto sul carattere infinito dell'essere nel tempo e nello spazio.

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