L' eredità che ci lasciano i Discorsi è dunque questa: Schleiermacher come filosofo dell'individualità e come portatore di una nuova valutazione della storicità. A questo proposito bisogna aggiungere che, a suo modo di vedere, una prospettiva storica complessiva è impossibile: noi possiamo infatti affermare con certezza che nella nostra esperienza vi è un elemento universale ma non possiamo dominarlo, né attingere a una visione complessiva dello spirito come avviene in Hegel. La via scelta da Schleiermacher è alternativa a quella hegeliana: occorrono strumenti per elaborare l'esperienza individuale, per dare forma alla mia esperienza di unità di universale e particolare, ma non vi è la costruzione di una filosofia della storia.
L'universalità non è data come visione panoramica, ma come possibilità di comunicare con altri soggetti.
L'universalità non può essere oggettivata, ma la colgo nella possibilità di comunicare tale esperienza, essa vive nella comunicazione. La comunicazione avviene grazie a due condizioni teoriche: una, generale, è l'universalità della ragione, l'altra, specifica, è l'appartenenza a una comunità storico- linguistica. La prima è una condizione di stampo illuministico, mentre la seconda è di carattere romantico. Questo spiega l'attenzione che Schleiermacher dà al linguaggio: esso è quella dimensione che esprime la mia individualità in una forma comunicabile, è una forma di universalizzazione del particolare. Le lingue sono diverse perché esprimono l'individualità dell'umano.
Il linguaggio è contemporaneamente individuale ed universale. Attraverso l'interpretazione del linguaggio si ha una chiave per accedere all'individualità del testo e per questa via Schleiermacher tenterà di unificare un aspetto tecnico dell'interpretazione, cioè l'individuale, e un aspetto grammaticale che guarda al linguaggio come tale. In generale la "tecnica" dell'interpretazione riguarda per Schleiermacher il tentativo di cogliere l'individualità nel discorso, sia scritto che parlato. La risposta non è per nulla facile perché se si esamina, ad esempio, una persona tentando di unificarne l'individualità con il tutto, non resta più spazio per alcuna novità e allora emerge la necessità di sintonizzarsi sul suo comportamento presente, momentaneo, ma ciò risulta ancora più difficile da esprimere in termini filosofici.
Quando si fa ermeneutica, quando cioè si cerca di sviluppare una teoria dell'interpretazione quello che sembra un punto di arrivo potrebbe essere invece solo il punto di partenza: l'ermeneutica serve infatti proprio quando la comprensione non è immediata, mentre non ce n'è bisogno quando i discorsi sono banali, semplici. Invitare a rapportarsi all'individualità di per sé non significa dunque molto: ogni individuo si radica in un contesto, ma è anche originale. Da ciò il carattere infinito dell'interpretazione.
Schleiermacher raccomanda di avvicinarsi al contesto dell'opera, che è universale, perché solo in questo modo si può cogliere veramente l'individuale.
Si deve tentare di diventare un "lettore immediato" attraverso un lavoro di mediazione per capire poi le allusioni, l'atmosfera e il terreno specifico di un testo (cfr. Il pensiero ermeneutico, a cura di M.Ravera, Marietti, Genova 1986, p.116).
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