" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Yehuda HaLevi

sabato 23 aprile 2011

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Nella sua opera polemica, il Kuzari, il poeta e filosofo ebreo Yehuda HaLevi (XII secolo) condusse una decisa critica ai filosofi. Divenne in tal senso un al-Ghazali ebraico, dato che l’opera dell’arabo, la Destructio Philosophorum (Tahafut al-falāsifa ), fu il modello per il Kuzari.
Secondo il testo la ragione umana non può non presentare il legame con la fede, ragione che, se non unita alla fede, risulta essere mera speculazione; l’illuminazione e la visione emotiva sono quindi accesso alla rivelazione della verità compresa tramite le facoltà intellettive. Il Kuzari presenta i rappresentanti delle diverse religioni e delle varie filosofie che dibattono, finché il Kazaro, riconoscendo i rispettivi meriti delle dottrine che essi sostengono, alla fine loda il Signore proclamando la Sua Misericordia e la Sua unità






Per quanto concerne l'origine della verità Ha-Levi, pur riconoscendo ai filosofi molti meriti tra cui quello dell'intento nel conoscere, si contrappone ad essi affermando che se fosse vero che l'uomo conoscesse unicamente sommando le esperienze conosciute non si capirebbe quale potrebbe essere la prima cosa conosciuta senza che vi sia stata un'esperienza precedente ad essa: come la prima, se vera, deriva da una rivelazione divina, anche le altre, se conformi a verità ed unite alle prime, saranno anch'esse divine.
Egli dice che i filosofi rischiano di perdersi nella speculazione per l'assenza di fede nella provvidenza divina: la filosofia greca credeva nel distacco del piano divino da quello dell'uomo e del mondo pur credendo nell'esistenza del Signore. HaLewì conferma invece il valore sia della trascendenza sia dell'immanenza divina nella storia, nella vita dell'umanità e nel mondo.
Sorge poi una discussione dalla confutazione dell'eternità del mondo. Viene detto che se ogni cosa fosse infinita non si spiegherebbe come possano sussistere differenti parti del tutto che, come tali, sono finite... inoltre ogni cosa infinita ne attenderebbe un'altra infinita ad essa precedente proseguendo così senza che si trovi una reale causa prima che il testo afferma essere il Signore: viene risolta così l'idea che soltanto il Signore, nella Sua Eternità, è perfetto ed infinito mentre ogni creatura, non può che essere tale solo se messa in relazione con le altre opere disposte per gradi e livelli sotto la provvidenza del governo divino.
Alla conclusione del testo viene precisato come l'uomo si trovi spesso di fronte alla scelta, il libero arbitrio: contro quei filosofi che affermavano l'assenza dell'intervento divino nelle azioni dell'uomo, sia esso manifesto tramite miracoli, premi o punizioni, e che dunque dubitavano sull'esistenza del libero arbitrio, si dice che non si spiegherebbe la necessità della scelta e della volontà dell'uomo secondo le proprie inclinazioni tanto che, nel caso in cui sia tutto al caso senza alcuna necessità dell'azione umana, sarebbe inutile intervenire al fine del perfezionamento proprio e di quanto è prossimo a sé: secondo Ha-Lewì la scelta del libero arbitrio non contraddice la pre-scienza divina che preordinò tutto fin da principio; tutto torna alla Sua provvidenza, in questo modo egli afferma che il Signore ha già tutto preordinato pur concedendo all'uomo la scelta o meno del legame e della collaborazione con Lui per il perfezionamento suddetto.
Queste sono alcune delle prove razionali e di fede del testo riguardanti il divino, la legge divina, il mondo e l'uomo in relazione ad essi.

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