Per Platone il filosofo non è né il sapiente né l'ignorante. L'unico vero sapiente è la divinità, ma né il sapiente né l'ignorante cercano il sapere, il primo perché già lo possiede e il secondo perché non lo possiede, ma neppure avverte il desiderio di possederlo. Il filosofo è invece una figura intermedia tra questi, caratterizzata dal desiderio e dalla conseguente ricerca del sapere che ancora non possiede. Questo tema sviluppa la rappresentazione di Socrate, data da Platone nei suoi primi dialoghi: Socrate, ossia il filosofo, non sa, ma sa di non sapere e perciò si avvia alla ricerca del sapere.
In questo senso l'atteggiamento fondamentale del filosofo è l'èros, ossia l'amore. Come il dio Eros, il filosofo è figlio della Povertà, in quanto è privo e bisognoso del sapere, ma è anche figlio di Poros, ossia della capacità di cercare di procurarsi ciò di cui è privo, trovando la via per arrivare a esso. In questo orizzonte trovano collocazione le metafore della via da percorrere e della caccia, con le quali frequentemente Platone descrive l'attività filosofica. Essa non consiste, dunque, come sovente pretendevano i sofisti, nella trasmissione del sapere da chi sa a chi non sa, come in una sorta di travaso a un recipiente pieno a uno vuoto. La funzione della scuola filosofica fondata da Platone non consiste in queste operazioni di travaso.
Qual'è la sua funzione?
La medicina greca, già nel V secolo, aveva posto al centro della sua pratica terapeutica la nozione di dieta, intesa come modo di vita fondato su determinate regole allo scopo di preservare o riconquistare la salute. Essa consisteva essenzialmente in un equilibrio tra alimenti ed esercii fisici. Platone utilizza questo modello anche per descrivere la forma più alta di vita, ossia la vita filosofica. Ma nel suo caso si tratta non tanto di formulare divieti o prescrizioni alimentari, come avevano fatto i pitagorici e come faranno i cinici, quanto di trovare una dieta dell'anima. Essa deve condurre ad armonizzare le passioni e l'intelletto, sottoponendo le prime al controllo e al comando del secondo. In questa prospettiva la stessa dialettica si configura come una forma di esercizio dell'intelletto, in grado di irrobustirlo e consentirgli di svolgere al meglio le sue funzioni.
Ma quali sono gli equivalenti del nutrimento per quanto riguarda l'anima?
Secondo Platone, essi sono i mathèmata, ossia gli oggetti di apprendimento. Tra questi rientra anche la virtù. Sul problema dell'insegnabilità della virtù, ossia delle doti che fanno di un uomo un uomo nel senso pieno della parola e un buon cittadino, si erano soffermati sia i sofisti, sia Socrate. Per Platone non è la città storicamente esistente che può insegnare la virtù, come aveva pretese Protagora. Neppure i grandi politici ateniesi del passato erano stati in grado di trasmettere ai propri figli le doti in cui eccellevano. Agli occhi di Platone la morte di Socrate è la conferma dell'essenza di virtù nella città che ha condannato l'uomo migliore. E Socrate è per Platone il sostenitore della tesi secondo la quale la virtù deve fondarsi sulla conoscenza di quale sia il vero bene.
Al sapere, dunque, e non alle emozioni o ai piaceri, spetta la guida della condotta umana: il piacere non può essere identificato con il bene. I beni sono molteplici, ma il bene vero e proprio per l'uomo è quello che riguarda la sua anima. Esso consiste in una condizione analoga a ciò che la salute è per il corpo. Da questo punto di vista la filosofia si costituisce come medicina, terapia dell'anima.
Ma dove può essere ricercato e appreso il sapere capace di generare il bene dell'anima? Non nella città. La vera sede per cercarlo diventa la scuola filosofica. Ciò che occorre tuttavia chiarire in via preliminare è che cosa significa apprendere e come è possibile apprendere.
Secondo Platone già prima della nascita ciascun individuo possiede il sapere entro di sé, ma al momento della nascita questo sapere viene dimenticato, pur continuando a rimanere latente nell'anima. Il compito dell'interrogazione filosofica è di far affiorare alla luce questo sapere.
Nella scuola filosofica sapere e virtù diventano acquisibili, perché il sapere non si inventa né si costruisce dal nulla, ma è da sempre disponibile a chiunque, purché si sappia come attingerlo. La condizione di ciò è una ricerca interpersonale, condotta mediante il metodo delle domande e risposte.
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