" Il mio scopo è mettere il lettore in uno stato mentale così elastico da farlo sollevare sulla punta dei piedi."
Friedrich W. Nietzsche

Avicenna: l'antropologia

venerdì 4 marzo 2011

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Ciò che distingue gli animali dotati di ragione da quelli che ne sono privi è il potere di conoscere le forme intelligibili.Questo potere è l'anima razionale che si suol anche chiamare intelletto materiale, cioè intelletto in potenza o intelletto possibile. Le forme intelligibili giungono all'anima in tre modi distinti.
In primo luogo, attraverso una emanazione o infusione divina, senza alcun insegnamento e alcuna acquisizione d'origine sensibile: in tal modo è data all'uomo la conoscenza dei primi principi. In secondo luogo, per mezzo del ragionamento discorsivo  e del pensiero dimostrativo; in questo modo giungono all'anima le specie intelligibili che sono oggetto della considerazione logica. In terzo luogo, attraverso i sensi, con l'aiuto di una capacità naturale ed innata. Mediante le specie intelligibili che così pervengono all'anima, l'intelletto in potenza diventa diventa intelletto in atto, identico con le specie stesse, in modo che è nello stesso tempo soggetto e oggetto di conoscenza (intelligens et intellectum).










L'intelligenza in potenza, la semplice sostanza intellettuale, si trova soltanto nei bambini, che sono ancora privi di ogni forma o specie intelligibile. In seguito, senza l'aiuto di alcuna scienza e di alcuna meditazione, si raggiunge la conoscenza dei principi primi. Tali principi sono le verità immediatamente evidenti, cui si assentisce appena si intendono, come, per esempio, "Il tutto è maggiore della parte" e "Due contrari non possono simultaneamente appartenere ad un'unica cosa".
Essi non possono derivare dall'esperienza sensibile: che non può essere il fondamento di un giudizio necessario, perché non esclude il giudizio contrario a quello che suggerisce.
Quei principi devono essere dunque il prodotto di un'emanazione divina alla quale l'anima è unita continuamente o saltuariamente. Una volta che, in virtù di tale emanazione, l'anima ha acquistato la conoscenza dei primi principi, l'intelletto di essa è già in atto e la sua attività può arricchire il patrimonio intelligibile che le è stato somministrato dall'alto.
Interviene allora l'attività discorsiva dell'intelletto, che procede per composizione e divisione, cioè per analisi e sintesi, e questo lavorio è diretto dai primi principi di cui l'anima è in possesso. Altre forme intelligibili o conoscenze razionali l'anima ricava per via di astrazione dall'esperienza sensibile. L'astrazione e l'attività discorsiva che compone e divide, sono dunque i due mezzi fondamentali attraverso i quali l'anima umana acquista e arricchisce le sue conoscenze razionali e costituiscono l'intelletto acquisito.








C'è poi una via diretta di acquisizione, ma è eccezionale e riservata a pochi: "In alcuni uomini le veglie prolungate e una certa intima unione con l'Intelletto universale (cioè l'Intelletto in atto di Dio) hanno dato al potere della ragione una tale disposizione che l'anima razionale di questi uomini, per conoscere e accrescere la scienza, non ha più bisogno di alcun ragionamento discorsivo, di alcun soccorso della riflessione. Questa disposizione si chiama santità e l'anima che ne è dotata si chiama santificata. Ma questa grazia e questa dignità sono accordate soltanto ai profeti ed agli apostoli, nei quali risiede la salvezza".
Questa è senza dubbio un'eccezione: per gli altri uomini il rapporto immediato con l'emanazione o con l'essere da cui essa proviene è limitato e saltuario perché impedito dal corpo.
Da ciò Avicenna ricava, platonicamente, una prova della immortalità dell'anima: "Quando l'anima si sarà separata dal corpo, la continuità che unisce l'anima con l'Essere che la perfeziona e da cui essa dipende non sarà soppressa. L'unione continua la realtà, da cui essa deriva la sua perfezione e da cui dipende, metterà l'anima al sicuro da ogni corruzione, tanto più che essa non rimane distrutta neppure quando si allontana o si separa da quella realtà. L'anima dunque rimane dopo la morte costantemente immortale, in dipendenza da quella alta sostanza che si chiama Intelletto universale e che i dottori delle diverse religioni chiamano Sapienza di Dio".
Avicenna riporta così l'immortalità, come la santità e la sapienza, alla diretta azione dell'Intelletto divino cioè dell'Essere necessario. Ma poiché l'Essere necessario è anche il bene, la felicità consiste nella contemplazione dell'essere necessario cioè nella scienza di quest'essere, quale è data dalla filosofia.






Attraverso la filosofia l'uomo tende quindi al Bene supremo che è anche la sua origine; e al bene supremo tendono pure tutte le cose create, ognuna nel modo e nella via che le è propria. L'amore di cui Avicenna parla nei "Trattati mistici" è pertanto, in conformità della concezione aristotelica, la tendenza delle cose al bene cioè al fine supremo, tendenza che garantisce l'ordine e la perfezione del tutto.
Nell'uomo, e soprattutto nel saggio, quest'amore è desiderio di contemplazione dell'essere necessario. Avicenna si ferma a sottolineare la superiorità del saggio sugli altri uomini: il saggio fa disinteressatamente, al solo scopo di avvicinarsi alla verità, ciò che gli altri fanno per una specie di scambio commerciale, rinunciando a certi beni in questa vita per avere la ricompensa nell'altra. 
La via mistica coincide perciò con la conoscenza filosofica ed entrambe si oppongono alle forme popolari del culto religioso, che tuttavia, secondo Avicenna, è obbligo del sapiente non disprezzare.
Fonte: Storia della filosofia di Abbagnano

3 commenti:

Davide ha detto...

Molto interessante, brava!
Davide

Anonimo ha detto...

Una volta c'era avicenna, adesso abbiamo apicella..bello vedere nel passato ogni tutti i mattoncini fatti e disfatti del pernsiero moderno cmq..
Un bacio, sempre sotto le stelle arabe..
Alessandro

Anonimo ha detto...

Bella la spiegazione dell'intelletto umano , sei sempre la migliore .
Robeto

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